IL RAIS -
Il vascello fantasma parte III
Capitolo I - I pescatori di perle
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Cap. I -
Al Mughayra, 20 Ottobre 1890.
La Baya di Al Mughayra, a sud del Golfo Persico, in quella parte più comunemente nota come "Costa dei Pirati", alla fine del XIX secolo era già un luogo dove i grossi bastimenti potevano ancorare con facilità.
La configurazione delle coste adiacenti, che potevano assicurare un certo riparo dai venti e la presenza di mandracchi e raddobbi, favorivano l'ancoraggio di molte imbarcazioni.
Gli scaricatori lasciavano le navi con le dita tintinnanti di riyad: c'era sempre gran fermento sulle scale del barcherizzo e sul ponte di coperta su cui erano appoggiate le scale esterne, al momento della paga.
Sul largo margine che costituiva il molo, i marinai caricavano e scaricavano merci ed attendevano alle barche, preparandole alla pesca del pesce e delle ostriche perlifere di cui le acque del golfo erano generose.
Trattenute da gomene e cavi torticcci saldamente avvolti intorno a bitte di ferro fissate sulle banchine, le imbarcazioni dondolavano pigramente cullando i sogni di pescatori sorpresi in rari momenti di riposo.
Al Mughayra non era diversa dalle altre città arabe per forma architettonica: grosse mura di cinta, strette stradine, mercati, scuole e moschee, ma soprattutto una variopinta moltitudine di gente.
Ad Al Lyhayra, Rashid arrivò in compagnia di sir Richard e dello sceicco Harith, nella prima mattinata di quello stesso giorno.
I tre amici si immisero sulla strada principale della cittàdina che, come tutte le altre strade, si spingeva verso il porto.
Il largo lembo del mindil spioveva sulla fronte del lord inglese, abbrunita da lunga esosizione al sole; un accenno leggero di barba rendeva più intensa l'espressione del suo volto, illuminato da uno sguardo rotto ad ogni fatica ed emozione.
Il lord percorreva la strada dl porto con passo spedito, girandosi in continuazione verso i due compagni che lo seguivano di un passo.
Alto, atletico nella candida tunica bianca trattenuta in vita da un cinturone cui erano assicurati la temibile jatagan ed un pugnale, Rashid lo seguiva immerso in un cupo silenzio; altrettanto taciturno era Harith, di poco più basso del suo rais, ma altrettanto possente nella figura ammantellata di bianco.
"Credete che Ibrahim abbia raggiunto Sahab?"
Il lord inglese ruppe il silenzio.
"E' il miglior cavaliere di Ar-Rimal!" gli rispose il rais e lo sceicco gli fece eco:
"Sono certo che stia già percorrendo la pista per Ru'ays."
Sempre a passo veloce attraversarono un arco che congiungeva i muri opposti della strada. Su ognuna delle estremità si apriva una finestra dietro le cui finestre si indovinavano presenze femminili... semmai l'orecchio fosse riuscito a captare sussurri e risate al di sopra del frastuono di cui era satura l'aria di quella strada così stretta, ma assai frequentata.
Gente di ogni nazionalità e colore andava e veniva sbucando da ogni parte, comparendo e disperdendosi oltre le numerose viuzze laterali.
Non vi erano alberi, fatta eccezione di un grosso ulivo. Nessuno, però, sostava sotto la sua ombra, nonostante la pesante calura; perfino i grossi sedili davanti alle case erano liberi.
Per la verità, molti di quei sedili erano occupati da attrezzi da lavoro: lungo quella strada si lavorava e si vendeva di tutto e poteva accadere di imbattersi in compratori che ingannavano la pazienta attesa dell'acquisto, masticando foglie di kat.
Donne e uomini, nerborute braccia incrociate sul petto o esili braccia a reggere brocche di terracotta, andavano e venicano: egiziani, iraniani, indiani, europei. La strada era lunga e il traffico movimentato lo rendeva ancor più lungo e grappoli di pecore e capretti creavano ulteriore scompiglio al traffico.
Quando i tre giovani furono in vista dei primi pennoni delle navi ancorate nella baia il lord esordì:
"La fortuna ci ha assistiti. Nessuno ha fatto caso a noi tre."
"Vuoi scherzare, sir? - sorrise con leggera ironia Rashid - Chi mai potrebbe notare tre tipi come noi?"
Sir Richard si guardò intofno: coloratissimi sari indiani, candidi burnus arabi, verdi casacche coloniali, caftani scuri, copricapi di ogni foggia e fattura, si muovevano come il fluttuare delle onde.
"Hai ragione, sir!" interloquì Harith.
"Già! - il lord si schiarì la voce - Chissà quanti pirati e altri gentiluomini si nascondono tra queste genti: perché tre uomini del deserto non dovrebbero pasare inosservati?"
"Ben detto! Speriamo che Ibrahin arrivi presto!" replicò Rashid.
"Cerchiamo un posto dove mettere qualcosa sotto i denti." propose l'inglese, scansandsi, per evitare l'urto di due figure che penzolavano di qua e ora di là, in evidente stato di ubriachezza.
Harith non poté evitare di trattenere un sorriso eloquente:
"Senza fare troppo affidamento sulla qualità del cibo." disse.
"Ma... ma non è proibito bere alcoolici, da queste parti?" osservò l'inglese corrugando la fronte.
"Quei due non sono arabi e..." spiegò Rashid, ma non ebbe tempo per portar a termine la frase poiché sentì un braccio serrargli la gola e il freddo metallico della punta di un pugnale pungergli la gola.
Il giovane riconobbe l'ubriaco che appena qualche istante prima aveva quasi investito il lord ed ebbe appena il tempo di vedere il compare aggredire sir Richard.
La lotta, se lotta poté chiamarsi, fu brevissima e i due malcapitati si ritrovarono stesi e doloranti pe terra.
"Lasciamoli andare. - suggerì lo sceicco - Cerchiamo di non attirare l'attenzione su di noi."
"Ed io che ero convinto di passare inosservato in mezzo a tutta questa gente!" esclamò il lord.
"Un arabo, un indiano, un beduino, forse.... ma un europeo non può passare inosservato anche con mindil ed iqal in testa." replicò Rashid.
"Già!... E quei due dovevano avere uno speciale fiuto per l'oro nascosto nella mia bisaccia." convenne il lord
"Qui hanno tutti un fiuto speciale!" fece osservare il rais.
"Hhhh! - seguì il verso incomprensibile dell'inglese - Adesso cerchiamo un posto dove mangiare, dopo cercheremo una barca."
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L'arrivo dei tre amici fu salutato da un disumano grido di dolore proveniente dall'interno della bettola; l'inglese si arrestò di colpo, mano alla pistola.
"Ho l'impressione che stiamo per cacciarci in qualche guaio." disse, con la solita flemma.
"Cerchiamo un altro posto?" propose Harith, girandosi.
"Niente affatto! Sono curioso di sapere che cosa sta succedendo qua dentro... e poi - aggiunse - in nessun posto la gente è loquace come in una bettola."
Per entrare dovettero abbassarsi e chinare il capo: la porta era più bassa delle loro atletiche persone.
Il primo ad infilarsi fu Harith, che scostò il logoro drappo un po' consunto che fungeva da tenda, trattenuto da un chiodo infisso nel muro; i due amici lo seguirono immediatamente.
L'ambiente che li accolse era un po' inconsueto: sapeva d'oriente e d'occidente insieme e tali erano gli avventori. Non molti, in verità, una dozzina o poco più: arabi, europei e qualche indiano.
All'urlo che li aveva attirati, era seguito un silenzio glaciale; stavano tutti seduti davanti a fumanti tazze di the, boccali di vino di datteri e caffé aromatizzato.
Di spalle, due arabi, dalle larghe brache grigie scivolate entro alti gambali, casacca bianca e larga cintura di stoffa colorata attorno alla vita, cui erano assicurati i foderi di due pugnali, uno per fianco, stavano tendendo in alto i boccali. Uno dei due brandiva un coltello ed entrambi sogghignavano sguaiatamente. Erano in piedi accanto ad un rozzo tavolo di legno.
Dall'altra parte del tavolo si intravvedeva la sagoma di un uomo accasciato.
All'ingresso dei tre amici i due si voltarono e uno di loro, dalla faccia paonazza e irsuta di barba incolta, porgendo il boccale:
"Bevete alla salute di Allah!" li invitò, con la lingua impastata di alcool.
"Allah non ti ha vietato di bere?" l'apostrofò il lord col suo tipico accento straniero.
"Chiudi quella boccaccia di cane infedele." replicò quello in tono offeso, storpiando le parole, falsandole e facendole seguire da un verso lamentoso e prolungato, tipico della gente avvinazzata.
"C'é un uomo ferito. - continuò sir Richard senza scomporsi, mandandolo a gambe all'aria con uno spintone - Che cosa sta succedendo qui?" aggiunse, indicando l'uomo prono sul tavolo e seminascosto dal mantello.
"Che Allah ti strafulmini, cane di un infedele!" l'ubriaco tornò alla carica; il lord lo ignorò e si accostò al ferito.
Anche Rashid si avvicinò, gli scostò il mantello e lasciò andare un'esclamazione di sorpresa: l'uomo aveva la mano inchiodata al tavolo da un pugnale.
"Per la Barba del Profeta! Chi è l'autore di questa bravata?" chiese.
"Sono stato io! - l'uomo si era rialzato; il boccale vuoto ancora stretto in mano - E tu farai la stessa fine, stupido di un beduino!"
"Non credo proprio! - rispose calmo il rais dei Kinda - E ti consiglio di uscire da qui con le tue stesse gambe... fino a quando potrai ancora farlo."
L'atmosfera minacciava di farsi calda e l'oste si rivolse speranzoso allo sceicco Harith.
"Porta via i tuoi compagni o Allah non potrà nulla per salvarli dalla furia di Jazid... Tu non lo conosci..."
"E tu non conosci il mio amico, oste!" replicò lo sceicco, scuotendo il capo.
"Taci, tu, rinnegato di un beduino! - la furia dell'ubriaco si spostò immediatamente sul rais - Allah ti strafulmini!... Hai scelto per amico un cane infedele." lo apostrofò, tirando fuori della cintola, dove l'aveva appena riposto, l'affilatisimo pugnale e lanciandoi su di lui.
Rashid schivò il fendente.
Seguì un attacco rabbioso, condito da un linguaggio fiorito di insulti.
L'aggressore si rivelò straordinariamente tenace e resistente; Rashid lo capì subito e subito si capì anche il suo compiacimento nel trovarsi di fronte un degno avversario.
Mentre Harith e sir Richard si prodigavano per soccorrere il ferito, Rashid e Jazid si misuravano in una lotta senza quartiere.
Gli avventori tutti abbandonarono immediatamente scacchi e carte da gioco per seguire le fasi della lotta che si svelò subito inattesa quanto entusiasmante.
Anche l'oste e i suoi inservienti avevano abbandonato il posto di lavoro, un po' per mettere al riparo piatti e suppellettili e un po' per non perdersi quello spettacolo di forza e abilità, di colpi inconsueti e rari e mosse segrete, che atterravano ora l'uno ora l'altro dei lottatori.
Solo sir Richard pareva indifferente, intento com'era a fasciare la mano del malcapitato; anche Harith si era fermato a guardare in azione il suo rais.
"Basta giocare, Rashid. - dopo un po', però lo sollecitò - Andiamo via."
"Sì! Andiamo - fece eco anche il lord - Questo brav'uomo può darci una mano... oh.oh.oh... " rise, guardando la mano fasciata del malcapitato.
Intorno ai due lottatori, intanto, all'interesse aveva fatto seguito l'entusiasmo, ma, salvo qualche rara eccezione, parevano tutti sostenitori di Jazid. E ciò, non senza motivo: a quelle latitudini il carattere della gente si forgiava con la lotta al mare e Jazid era figlio del mare ed era naturale schierarsi con lui.
"Forza, marinaio!" lo incitavano.
In fondo allo stanzone, però, qualcuno seguiva la lotta in silenzio.
"Lo conosco... Io, quello lo conosco!" diceva l'uno e l'altro, colpendolo con un calcio negli stinchi:
"Bravo asino! - lo rimbeccava - Si capisce subito che quel marinaio è un pirata..."
"Ma io non parlavo di lui... - il tono sempre più eccitato dell'altro - io parlo dell'altro... Sai chi è l'avversario di Jazid?"
"E perché dovrei conoscere quel beduino?"
"Perché quel beduino è Rashid... il rais dei Kinda!"
L'altro strabuzzò gli occhi.
"Ne sei sicuro?... Come sai che è lui?"
"Perché ero con la carovana di Ibrahim e non dimenticherò mai quella faccia né il suo grido d'attacco e poi... - una pausa per schiarirsi la gola - non hai sentito il compagno chiamarlo Rashid?"
"Per la Barba del Profeta!... E' vero! Lo ha chiamato proprio con quel nome... Guarda... guarda come tiene in scacco quel satanasso di Jazid... Si diverte con lui come fa il gatto col topo..."
Tra lo stupore generale, Rashid con un colpo di jatagan aveva mandato l'arma dell'avversario a conficcarsi contro il muro poi con l'altro braccio lo aveva sollevato di peso e immobilizzato contro la superficie del tavolo; sempre in quella posizione, rinfoderata la micidiale arma, lo stava apostrofando:
"Dovrei inchiodarti qui senza pietà come hai fatto con quell'uomo, ma ti lascio andare." e gli diede le spalle per seguire i compagni che, insieme al ferito, stavano lasciando la locanda.
"Aspetta... chiunque tu sia! - la voce di Jazid lo raggiunse alle spalle; Rashid si girò con la repentinità del fulmine - Ho qualcosa da proporti!"
"Lascialo stare, straniero. - l'uomo dalla mano trafitta si fermò e si girò - So che cosa vuole proporti. Non lasciarti convincere e seguici." disse.
Anche sir Richard si fermò; anch'egli lo invitò a seguirli.
"Vieni, Rashid. Ti dirò io chi è Jazid il Marinaio." disse.
Rashid tornò a dare le spalle all'avversario.
"Mi farai un'altra volta le tue proposte, marinaio. - disse - Semmai ci incontreremo ancora."
"Mi ritroverai qui.- rispose quello - Mi chiamo Jazid il Marinaio... e... Per la Barba del Profeta... non sono mai stato atterrato con tanto onore!"
"Ho l'impressione che stiamo per cacciarci in qualche guaio." disse, con la solita flemma.
"Cerchiamo un altro posto?" propose Harith, girandosi.
"Niente affatto! Sono curioso di sapere che cosa sta succedendo qua dentro... e poi - aggiunse - in nessun posto la gente è loquace come in una bettola."
Per entrare dovettero abbassarsi e chinare il capo: la porta era più bassa delle loro atletiche persone.
Il primo ad infilarsi fu Harith, che scostò il logoro drappo un po' consunto che fungeva da tenda, trattenuto da un chiodo infisso nel muro; i due amici lo seguirono immediatamente.
L'ambiente che li accolse era un po' inconsueto: sapeva d'oriente e d'occidente insieme e tali erano gli avventori. Non molti, in verità, una dozzina o poco più: arabi, europei e qualche indiano.
All'urlo che li aveva attirati, era seguito un silenzio glaciale; stavano tutti seduti davanti a fumanti tazze di the, boccali di vino di datteri e caffé aromatizzato.
Di spalle, due arabi, dalle larghe brache grigie scivolate entro alti gambali, casacca bianca e larga cintura di stoffa colorata attorno alla vita, cui erano assicurati i foderi di due pugnali, uno per fianco, stavano tendendo in alto i boccali. Uno dei due brandiva un coltello ed entrambi sogghignavano sguaiatamente. Erano in piedi accanto ad un rozzo tavolo di legno.
Dall'altra parte del tavolo si intravvedeva la sagoma di un uomo accasciato.
All'ingresso dei tre amici i due si voltarono e uno di loro, dalla faccia paonazza e irsuta di barba incolta, porgendo il boccale:
"Bevete alla salute di Allah!" li invitò, con la lingua impastata di alcool.
"Allah non ti ha vietato di bere?" l'apostrofò il lord col suo tipico accento straniero.
"Chiudi quella boccaccia di cane infedele." replicò quello in tono offeso, storpiando le parole, falsandole e facendole seguire da un verso lamentoso e prolungato, tipico della gente avvinazzata.
"C'é un uomo ferito. - continuò sir Richard senza scomporsi, mandandolo a gambe all'aria con uno spintone - Che cosa sta succedendo qui?" aggiunse, indicando l'uomo prono sul tavolo e seminascosto dal mantello.
"Che Allah ti strafulmini, cane di un infedele!" l'ubriaco tornò alla carica; il lord lo ignorò e si accostò al ferito.
Anche Rashid si avvicinò, gli scostò il mantello e lasciò andare un'esclamazione di sorpresa: l'uomo aveva la mano inchiodata al tavolo da un pugnale.
"Per la Barba del Profeta! Chi è l'autore di questa bravata?" chiese.
"Sono stato io! - l'uomo si era rialzato; il boccale vuoto ancora stretto in mano - E tu farai la stessa fine, stupido di un beduino!"
"Non credo proprio! - rispose calmo il rais dei Kinda - E ti consiglio di uscire da qui con le tue stesse gambe... fino a quando potrai ancora farlo."
L'atmosfera minacciava di farsi calda e l'oste si rivolse speranzoso allo sceicco Harith.
"Porta via i tuoi compagni o Allah non potrà nulla per salvarli dalla furia di Jazid... Tu non lo conosci..."
"E tu non conosci il mio amico, oste!" replicò lo sceicco, scuotendo il capo.
"Taci, tu, rinnegato di un beduino! - la furia dell'ubriaco si spostò immediatamente sul rais - Allah ti strafulmini!... Hai scelto per amico un cane infedele." lo apostrofò, tirando fuori della cintola, dove l'aveva appena riposto, l'affilatisimo pugnale e lanciandoi su di lui.
Rashid schivò il fendente.
Seguì un attacco rabbioso, condito da un linguaggio fiorito di insulti.
L'aggressore si rivelò straordinariamente tenace e resistente; Rashid lo capì subito e subito si capì anche il suo compiacimento nel trovarsi di fronte un degno avversario.
Mentre Harith e sir Richard si prodigavano per soccorrere il ferito, Rashid e Jazid si misuravano in una lotta senza quartiere.
Gli avventori tutti abbandonarono immediatamente scacchi e carte da gioco per seguire le fasi della lotta che si svelò subito inattesa quanto entusiasmante.
Anche l'oste e i suoi inservienti avevano abbandonato il posto di lavoro, un po' per mettere al riparo piatti e suppellettili e un po' per non perdersi quello spettacolo di forza e abilità, di colpi inconsueti e rari e mosse segrete, che atterravano ora l'uno ora l'altro dei lottatori.
Solo sir Richard pareva indifferente, intento com'era a fasciare la mano del malcapitato; anche Harith si era fermato a guardare in azione il suo rais.
"Basta giocare, Rashid. - dopo un po', però lo sollecitò - Andiamo via."
"Sì! Andiamo - fece eco anche il lord - Questo brav'uomo può darci una mano... oh.oh.oh... " rise, guardando la mano fasciata del malcapitato.
Intorno ai due lottatori, intanto, all'interesse aveva fatto seguito l'entusiasmo, ma, salvo qualche rara eccezione, parevano tutti sostenitori di Jazid. E ciò, non senza motivo: a quelle latitudini il carattere della gente si forgiava con la lotta al mare e Jazid era figlio del mare ed era naturale schierarsi con lui.
"Forza, marinaio!" lo incitavano.
In fondo allo stanzone, però, qualcuno seguiva la lotta in silenzio.
"Lo conosco... Io, quello lo conosco!" diceva l'uno e l'altro, colpendolo con un calcio negli stinchi:
"Bravo asino! - lo rimbeccava - Si capisce subito che quel marinaio è un pirata..."
"Ma io non parlavo di lui... - il tono sempre più eccitato dell'altro - io parlo dell'altro... Sai chi è l'avversario di Jazid?"
"E perché dovrei conoscere quel beduino?"
"Perché quel beduino è Rashid... il rais dei Kinda!"
L'altro strabuzzò gli occhi.
"Ne sei sicuro?... Come sai che è lui?"
"Perché ero con la carovana di Ibrahim e non dimenticherò mai quella faccia né il suo grido d'attacco e poi... - una pausa per schiarirsi la gola - non hai sentito il compagno chiamarlo Rashid?"
"Per la Barba del Profeta!... E' vero! Lo ha chiamato proprio con quel nome... Guarda... guarda come tiene in scacco quel satanasso di Jazid... Si diverte con lui come fa il gatto col topo..."
Tra lo stupore generale, Rashid con un colpo di jatagan aveva mandato l'arma dell'avversario a conficcarsi contro il muro poi con l'altro braccio lo aveva sollevato di peso e immobilizzato contro la superficie del tavolo; sempre in quella posizione, rinfoderata la micidiale arma, lo stava apostrofando:
"Dovrei inchiodarti qui senza pietà come hai fatto con quell'uomo, ma ti lascio andare." e gli diede le spalle per seguire i compagni che, insieme al ferito, stavano lasciando la locanda.
"Aspetta... chiunque tu sia! - la voce di Jazid lo raggiunse alle spalle; Rashid si girò con la repentinità del fulmine - Ho qualcosa da proporti!"
"Lascialo stare, straniero. - l'uomo dalla mano trafitta si fermò e si girò - So che cosa vuole proporti. Non lasciarti convincere e seguici." disse.
Anche sir Richard si fermò; anch'egli lo invitò a seguirli.
"Vieni, Rashid. Ti dirò io chi è Jazid il Marinaio." disse.
Rashid tornò a dare le spalle all'avversario.
"Mi farai un'altra volta le tue proposte, marinaio. - disse - Semmai ci incontreremo ancora."
"Mi ritroverai qui.- rispose quello - Mi chiamo Jazid il Marinaio... e... Per la Barba del Profeta... non sono mai stato atterrato con tanto onore!"
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Rashid e i compagni lasciarono la locanda insieme al ferito.
"Mi dispiace per quella zuppa di pesce. - si lamentò il lord - E non avrei disdegnato un boccale di vino di palma."
"Posso offrirvene io. - interloquì l'uomo dalla mano infilzata - La mia donna, Asada, ne prepara sempre una piccola quantità per l'ospite che capita nella mia casa."
"E' ancora lontana la tua casa?... Hhhh - il lord si raschiò la gola - Ho dimenticato il tuo nome, amico." disse.
"Ziyad! - rispose quello - Il mio nome è Ziyad e la mia casa è laggiù." indicò l'orizzonte a sud est del porto.
"Se abbiamo da fare tutta questa strada - interloquì Rashid - potrai dirci com'é che sei finito inchiodato a quel tavolo."
"Passiamo prima dal serraglio a prendere i cavalli ed a lasciare un messaggio per Ibrahim." gli fece eco Harith.
"Andremo prima a prendere i cavalli." assentì Rashid.
Seguendo Ziyad i tre amici si immisero su una di quelle stradine secondarie che sboccvano sull'arteria principale come una numerosa rete di affluenti; raggiunta la periferia del paese, puntarono verso il serraglio.
In verità, più che di un serraglio vero e proprio si trattava di una grande forgia dove un maniscalco ferrava muli e cavalli; in prevalenza c'erano asini e muli, ma non mancavano pecore e qualche caprone.
Trovarono i cavalli già ferrati, foraggiati e riposati e il lord trasse da sotto il mantello alcune monete che porse al fabbro.
"Ne avrai altre cinque - il maniscalco si sprofondò in un inchino che lo mandò quasi a toccare con la fronte la punta delle calzature - se darai questo messaggio ad un ragazzo indiano di nome Akim. - disse porgendogli un pezzo di carta con sopra scritte alcune parole e aggiunse - Non è escluso che Akim sia ancora più generoso di me."
"Grazie, straniero. Allah sia con te e guidi i passi del tuo amico Akim fin qui."
"Ci penseranno i suoi Dei a guidare i passi del mio amico, ma tu... non ti sforzare a capire quel messaggio... non é scritto nella tua lingua."
"Non sono le parole del messaggio ad interessarmi, straniero, ma il denaro che mi hai dato e quello che mi darà il tuo amico! Allah vi accompagni!"
"Precauzione inutile! - interloquì Rashid già al galoppo in groppa a Dahys, alle cui spalle aveva preso posto Ziyad, ignaro di cavalcare il cavallo più famoso del deserto - Quel sunna è un giordano e non è in grado di leggere."
I sunna, i fabbri, nella gerarchia sociale di un villaggio, occupavano l'ultimo posto, ma erano quelli che, attraverso varie generazioni, avevano costruito i grandi caravan serragli sparsi lungo le piste e senza i quali sarebbe stato difficile attraversare il deserto.
La casa di Ziyad poteva considerarsi una casa da ricchi: a due piani e un porticato che era un capolavoro di trine e merletti creati nella pietra.
I quattro cavalieri vi giunsero dopo una lunga cavalcata e si fermarono sotto una balconata su cui, per un attimo, si affacciò una figura femminile. Sotto il colonnato, invece, c'era un ragazzo, turbante bianco in testa, piedi nudi, scuri e impolverati che spuntavano sotto la lunga tunica dal dubbio color albicocca.
Stava bevendo da una ciotola di terracotta che gli aveva appena dato un venditore d'acqua.
Sulla cinquantina, tunica e copricapo di colore verde, l'uomo riempì una seconda ciotola che porse al ragazzo: doveva avere proprio una gran sete.
Alla vista dei cavalieri, il ragazzo staccò la bocca dalla ciotola e si fece avanti, lascindo scorrere lo sguardo su cavalli e cavalieri, ma soffermandosi soprattutto sullo splendido cavallo di Rashid, infine, restituì la ciotola all'acquaiolo.
"Dell'acqua anche per me." pregò sir Richard.
L'acquaiolo, che reggeva la ghirba di terracotta ricoperta da un intreccio di paglia provvista di un lungo becco, si chinò ancora e ancora riempì la ciotola, dopo averla sciacquata con dell'altra acqua, compresa nel prezzo, poi la porse al lord.
"Lui è Ashraf, mio fratello. - disse Ziyad - Mi stava aspettando qui. - poi, rivolto al fratello - Sono miei ospiti e devo loro la vita." spiegò.
"Siate benedetti da Allah, se la vita di mio fratello è stata nelle vostre mani e voi gliela avete resa." disse il ragazzo, mentre sir Richard restituiva la ciotola all'uomo dell'acqua.
"Monta su, ragazzo"
Il lord gli indicò la groppa del suo cavallo e il giovane Ashraf non se lo fece ripetere. Con un balzo fu alle sue spalle e un attimo dopo il gruppo si allontanava al galoppo.
"Che cos'é accaduto alla tua mano?" esordì Ashraf dopo qualche attimo di silenzio, accennando al sangue che aveva ormai inzuppato il fazzoletto con cui il lord gli aveva fasciato la mano.
"Mi hanno rubato la perla. - disse con accento sconsolato Ziyad - Erano pirati e..."
"Stai perdendo molto sangue. - interruppe il lord - Bisogna accelerare il passo..."
"Sono più forte di quanto sembri, sahib. Sono pescatore di perle." aggiunse con un sorriso d'orgoglio.
Pescatore di perle!
Quella del pescatore di perle e di coralli era un'attività tra le più dure e il lord, rotto ad ogni fatica, lo sapeva bene. Quel che non sapeva, era che molto presto lo avrebbe scoperto da sè.
"Non è facile trovare l'ostrica con la perla. - continuò il pescatore -Occorre immergersi dieci, venti volte ed anche trenta e se Allah vuole mostrarti la sua benevolenza, ecco che dopo decine di gusci vuoti, trovi finalmente quella che nasconde il suo tesoro e... - il pescatore ebbe un sospiro sconsolato e riprese - ... e la perla che Ashraf aveva trovato, era davvero molto preziosa e l'aveva affidato a me perché la vendessi bene... Mio fratello, con quella, voleva comprarsi una barca tutta sua... Invece..."
"Amico! - interloquì il lord spalancando il pugno - Ecco qui la tua perla."
"Oh! - fu il commento strabiliato di tutti, che si girarono verso di lui -
Ma come hai fatto?"
"Ho visto la perla nelle mani di uno di quei due manigoldi... - spiegò il lord con la solita noncuranza - Portargliela via è stato un gioco da ragazzi."
"Ah.ah.ah... - scoppiò a ridere Rashid - Solo il sir, poteva tanto."
"Io ho mostrato la perla all'oste. - spiegò in tono quasi di scusa il pescatore - Altre volte Abud mi ha permesso di fare buoni affari nella sua locands, ma non avevo messo in conto la presenza di quei due pirati."
"Pirati? - fece il lord - Com'é che riescono ad approdare su queste coste?"
"Su queste coste i pirati sono padroni e noi dobbiamo subire le loro angherie. " interloquì il giovane Ashraf con il tono impetuoso della gioventù.
"L'uomo che si è battuto con lui - Ziyad indicò Rashid - si chiama Yazid ed è molto temuto da queste parti. E' forte e prepotente e nessuno è in grado di tenergli testa... Non ha paura neppure del diavolo... solo Nadir era più audace di lui."
"Nadir?" esclamò Rashid a quel nome, corrugando la fronte; il tono della voce era profondamente stupito e alterato .
"Nadir, il pirata! - spiegò il ragazzo - Yazid era il suo secondo. Da quando il suo veliero fu catturato, nella baia di Doha, di lui non si è saputo più nulla. Nadir era il solo uomo capace di tenere testa a quel prepotente di Jazid."
"Lui, però, - interloquì Ziyad accennando al grande predone - lo ha tenuto in suo potere fino a quando ha voluto poi se ne é liberato con un sol colpo. - il pescatore ebbe un largo sorriso che mise in mostra una chiostra di denti disuguali - L'avessi visto, fratello mio, mentre lottava con quel pirata."
"Amico Ziyad - intervenne a quel punto il lord, lasciando che la sua voce assumesse un insolito tono di mistero - Sai qual è il nome dell'uomo che ti ha permesso di cavalcare il suo cavallo? - una pausa, riempita dagli sguardi incuriositi che i due fratelli fecero convergere sulla persona di Rashid - E' Rashid, rais della tribù dei Kinda."
"Colui che chiamano il Leone del deserto? - proruppe Ashraf con una sconfinata ammirazione nello sguardo e nella voce - La fama delle sue imprese è arrivata fin qui. Ovunque, qui, si parla di Harith, lo sceicco dei Kinda e del suo rais e... anche del loro amico lord... Siete... siete proprio voi? E'... è con il lord inglese... sir Richard che sto parlando, dunque?"
"In persona!" rispose senza scomporsi il lord.
"Per tutti i peli della Sacra Barba di Allah! - proruppe sempre più entusiata il ragazzo - E chi l'avrebbe mai detto, uscendo di casa questa mattina, che avrei avuto l'onore di cavalcare il cavallo di quel lord inglese? - tacque, cercando di raccogliere l'emozione e l'eccitazione di cui era con evidenza in preda, poi riprese - Qui si parla anche della principessa Jasmine, che il rais dei Kinda ha portato via al sultano di Doha!"
"La principessa Jasmine è stata rapita. - propruppe con voce cupa e senza preamboli Rashid - E' stata condotta qui. Forse ad Al Mughayra. Per questo siamo qui."
Seguì un profondo silenzio, rotto, d'improvviso, dalla voce di sir Richard che diceva:
"Un momento... Se quel pirata... quel Nadir, é scomparso... come si spiega la presenza qui del suo secondo?"
"Yazid è qui in cerca di uomini da reclutare. - spiegò Ziyad - E' per questa ragione che tengo mio fratello lontano dal porto."
Capitolo II - Il Medaglione
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Più che un villaggio, Malis era una borgata, un suburbio di Al Mughara, un agglomerato di poche casupole sparse intorno alla strada maestra che conduceva al porto.
Erano piccolissime, uguali e tutte rivolte verso il mare. Benché non possedessero nulla che potesse attirare la cupidigia dei pirati che infestavano quei mari e fossero abitatate solo da pescatori uniti da vincoli di sangue ed amicizia, qualcosa attirava laggiù avventurieri e predoni del mare: perle e coralli che i pescatori portavano su dalle profondità del mare.
Bianche, ad un sol piano e con un cortile entro cui posavano attrezzi da lavoro, sfidavano i monsoni con la stessa audacia con cui gli abitanti affrontavano le insidie del mare e di insidie, in quei mari, ve n'erano tante.
La casa di Yizad non si scostava dalle altre né per fattura né per colore: un blocco di pietra bianca con fessure ed aperture.
Così apparve al lord inglese e nell'ombra di una di quelle fessure, gli parve anche di vedere fluttuanti figure velate.
"Altri ospiti ci attendono." un largo sorriso distese la faccia del pescatore mentre tendeva un braccio in quella direzione.
"E' vero! - gli occhi del fratello si illuminarono - Asada non è sola. Amina è venuta a farle visita."
"Amina - spiegò Yizad, cui gli affanni della vita dovevano aver caricato di fatalismo e reso apparentemente diverso dall'irrequieto fratello - è la promessa di Ashraf e Asada è la mia donna."
"Amina sarà la mia prima moglie. - continuò il ragazzo con irrequieta vivacità - Quando avrò terminato di costruire la mia casa e con il ricavato di questa perla avrò comprato una barca tutta mia, pescherò il miglior corallo della costa e potrò comprarmi un'altra moglie."
"E tu, Yizad, hai solo Asada per moglie?" domandò con lieve ironia il lord.
"Avrei potuto comprarne un'altra - rispose con disarmante semplicità il pescatore di perle - Per Asada ho dato a suo padre la mia prima barca, che era il più veloce e resistente dei parei di questa costa... ma Asada valeva ancora di più!" aggiunse con accento d'orgoglio.
"Ah.ah.ah... - rise compiaciuto sir Richard - Le tue parole mi fanno piacere."
"Asada è insostituibile." recitò con enfasi l'uomo.
"Mio fratello ha ragione! - interloquì con voce convinta il giovane Ashraf -Asada è una donna virtuosa e molto bella che né il tempo, né le fatiche riescono a segnare. Oh.oh... - sorrise - Sapete, stranieri, sapete... Sembra che il tempo si sia innamorato di lei... L'accarezza senza sfiorire la sua bellezza. Per questo ho voluto che fosse lei stessa a cercarmi una moglie bella e premurosa come lei."
"Saggia decisione!" disse distrattamente l'inglese, al che, Rashid:
"Le nostre donne sono insostituibili!" esclamò.
"Asada non è solo bella e virtuosa... La mia donna è anche coraggiosa come un uomo." punttualizzò il pescatore di perle.
"Ne sono convinto". disse il lord con lo stesso tono di prima e il pescatore, che aveva colto quella distrazione:
"Non ti sorprenderà, Sahib, - replicò - sapere che Asada si cala nelle profondità assieme a noi per pescare ostriche e cogliere corallo?"
"Mi sorprende molto, invece. - s'affrettò a chiarire sir Richard - Ho sentito parlare di donne coraggiose e senza paura che praticano la pesca del corallo nei Mari del Sud, ma non sapevo che pescatrici di corallo ci fossero anche qui."
"Senza paura? - sorrise Yizad - Perdonami se ti contraddico, sahib, ma solo un pazzo non ha paura. La paura ci accompagna sempre, quando ci tuffiamo."
"Chiedo perdono. -conciliò l'inglese - Il vero coraggio è proprio la capacità di vincere la paura. - una lieve pausa, in contemplazione di quanto lo circondava, poi riprese - Chi si proclama senza paura non è un coraggioso, ma uno sciocco."
"Esatto! - assentì il pescatore - La paura va misurata e non disprezzata... anche con un avversario dev'essere così o si sarà in due ad aver paura."
Faceva impressione sentir parlare in tali termini un uomo che sfidava la morte ogni giorno, ma erano ormai arrivati e il lord fermò il cavallo.
Una donna, sull'uscio di casa, ne stava uscendo con una brocca quando si accorsero della presenza di estranei; si ritirò immediatamente; ricomparve assieme ad un'altra donna, subito dopo, richiamata da Yizad, con il volto coperto da finissimi jasmac di lino.
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"Asada." chiamò il pescatore.
"Che cosa è successo?" chiese la donna avvicinandosi premurosa al marito.
"Hanno tentato di rubarmi la perla di Ashraf. - spiegò l'uomo Ma questi amici l'hanno recuperata ed hanno salvato la mia vita. Il pirata Yazid mi avrebbe lasciato morire dissanguato." aggiunse mostrando la mano ferita.
"Quel pirata è di nuovo qui?" esclamò la donna con accento preoccupato.
Entrarono tutti nella casa.
Amina si dette subito da fare per preparare the aromatizzato ed accatastare cuscini su cui invitò gli ospiti a prender posto. Solo aRshid e Harith sedettero; Ashraf si stava prendendo cura dei cavalli e il lord chiedeva ad Asada bende e acqua.
Asada era davvero molto bella; anche attravero il velo era facile capirlo.
Era tenera e premurosa con il suo uomo ed un po' intimida dal tono imperioso dell'inglese.
Con in mano bende e acqua fresca guardava il lord che si prodigava con un unguento estratto dal'interno della casacca: un po' dell'unguento che Zaira gli aveva dato prima della partenza.
"Ha perso molto sangue. - spiegò sir Richard alzando il capo dalla mano ferita - Per questo è così debole. - proseguì, poi ebbe un rassicurante sorriso - Con questo unguento, però, si ristabilirà presto."
Evitando di chiamarla per nome, nel rispetto delle usanze arabe che vietavano ogni confidenza con le donne, il lord continuava a fare cenni col capo.
"Se Allah ha voluto sottoporci a questa prova, noi dobbiamo accettare la sua volontà... la sentì dire - I suoi disegni sono imprescrutabili e non sono un capriccio, ma nascondono sempre un beneficio."
Il lord girò nuovamente il capo verso di lei e per un istante gli parve di avere di fronte sua madre: la disarmante semplicità di quella donna lo commuoveva.
Anche Yizad sollevò il capo e guardò la sua donna.
"Le tue parole, mio bene, vogliono dire qualcosa che da tanto attendiamo?" disse.
"Sì!"
Un monosillabo. Ma vi era racchiuso il mondo intero e anche sir Richard capì.
"Avremo un figlio, sahib. - proruppe con voce raggiante il pescatore - Lo abbiamo atteso da quando il nostro villaggio si riunì per festeggiare le nostre nozze e sono passati otto anni."
Pallido e lo sguardo febbricitante, l'uomo tentò di sollevarsi dalla stuoia su cui la moglie lo aveva fatto stendere; voleva abbracciarla, ma non ci riuscì e ricadde all'indietro, senza però abbandonare il sorriso e al fratello che stava entrando in quel momento disse:
"In questa casa ci sarà presto un bambino, fratello mio."
Ashraf si precipitò verso la cognata, le prese la mano e la coprì di baci.
"Allah è grande, sorella mia! - disse, con lo stesso tono del fratello, poi a questi - La tua gioia deve esssere grande. fratello!"
"Non permetteremo ad Asada di tornare ad immergersi. Vero, Ashraf?" disse il pescatore.
"Non lo faremo. Allah ci aiuterà!" assentì con convinzione il fratello.
Rashid, che aveva ascoltato in silenzio, prese da una delle bisacce un sacchetto e lo porse a Yizad.
"Allah ti sta già aiutando, amico mio. - disse semplicemente, poi, al cenno di diniego dell'uomo - Sono per il bimbo che nascerà e per sua madre."
Mentre l'unguento agiva sul ferito facendolo scivolare in un sonno ristoratore, Asada si accostò al grande predone: nella piccola mano bruna spiccava la perla di Ashraf.
"Se sarà un bimbo gli daremo il tuo nome, sahib e se sarà una femmina avrà il nome di colei che è favorita nel tuo cuore ed io sarò debitrice di questa perla con Ashraf fino a quando non ne avrò pescata un'altra. - Asada si interruppe: aveva scorto sul bel volto del rais una espressione di profonda tristezza, tuttavia riprese - Questa perla insanguinata con il sangue del mio uomo è un segno della benevolenza di Allah, che ha condotto amici generosi nella sua casa modesta."
"Stai parlando con Rashid, il rais di Ar-Rimal, sorella mia." interloquì con sussiego il giovane Ashraf.
"Sono soltanto un uomo infelice. - gli occhi di Rashid bruciavano come carbone ardenti - La mia donna è stata rapita e noi stiamo inseguendo i rapitori. - spiegò, girandosi a guardare la donna - E vi siamo grati di questa ospitalità."
"Prendi la perla, allora. - lo sorprese Asada - Forse sanguinerà ancora, ma sono certa che ti porterà fortumna come ha fatto con noi e donala alla tua donna... - un attimo di esitazione -... quando l'avrai ritrovata... insieme a questo gioiello. - maggiunse con un sorriso quasi di scusa - Volevo farne un dono alla sposa di Asfraf per le sue nozze, ma il mare è uno scrigno tanto grande e ricco di cose preziose... Troverò qualcosa d'altro per lei."
Rashid tese la mano verso il medaglione, ignorando completamente la perla: era improvvisametne impallidito.
"Dove lo hai trovato?" domandò, visibilmente sconvolto.
"Tra i rami di un corallo." spiegò la donna.
"Quando?" incalzò il rais.
"Solo qualche ora prima del vostro arrivo.- spiegò lei - Ma... tu mi sembri turbato, sahib..."
Rashid non la lasciò finire.
"Questo medaglione appartiene alla mia donna. Io stesso gliel'ho donato. C'é il suo ritratto custodito all'interno ed io solo ho la chiave per aprirlo."
Harith e sir Richard, nel frattempo, si erano avvicinati e così Amina ed Asraf, poi Rashid impugnò la minuscola chiave che portava legata al collo e l'aprì.
Il medaglione passò di mano in mano prima di tornare in quelle di Rashid.
"La principessa Jasmine! - esclamò Ashraf - E' la principessa Jasmine, vero, sahib? ... Guarda... guarda anche tu, Amina."
"E'... è bellissima!" esclamarono insieme i due giovani.
Amina passò il ritratto ad Asada, che lo rese al grande predone di Ar-Rimal.
"Sapresti tornare nel luogo dove l'hai trovato?" domandò sir Richard.
"Certo! - rispose Asada - Sono pronta ad accompagnarvi anche subito."
"Scenderò io sott'acqua. - si offrì il giovane Ashraf - Tu ci indicherai il posto... se loro - indicò gli ospiti - sono in grado di stare in acqua come in terra."
"Sappiamo nuotare. - lo rassicurò il rais ed allo sguardo di stupore comparso sul volto del ragazzo - Lui è inglese. - spiegò, mentre continuava a contemplare con animo tormentato lo stupendo volto che gli sorrideva dal medaglione e fu proprio nell'atto di portarselo alle labbra a fare la sconvolgente scoperta - Per Allah!... Questo non è il volto della mia Jasmine... - proruppe - Jasmine ha gli occhi azzurri e la sua fronte è pura e senza nei..."
Sir Richard gli strappò quasi di mano il gioiello e lo fissò con estrema attenzione: il colore degli occhi della ragazza che sorrideva dal ritratto erano neri come l'ebano d'ebano ramati era il colore capelli e non castano dorato come quelli della principessa Jasmine. E quel grande neo sulla fronte, che rendeva così misterioso lo sguardo della ragazza che sorrideva dal medaglione, Jasmine non lo aveva. Jasmine, invece, era sull'angolo destro del mento che esibiva un segno di disinzione: una minuscola voglia dalla vaga forma di stella.
"Questa ragazza non è la principessa Jasmine!" confermò il lord inglese.
"E' vero!" convenne lo sceicco Harith quando anch'egli ebbe il medaglione fra le mani.
"Per tutte le balene dell'Oceano! - proruppe l'inglese, accantonando la proverbiale flemma - Tutto questo ci pone davanti ad un enigma da risolvere...Se la tua chiave ha aperto questo medaglione, Rashid, amico mio... questo che abbiamo davanti deve essere proprio il medaglione della principessa Jasmine..."
"Ma il ritratto non è della mia Jasmne!" insistette cupo il rais.
"Abbiamo un mistero da scoprire e prima lo risolveremo, meglio sarà!"
"Una cosa è certa. - continuò sempre più cupo Rashid - Hakam si nasconde da queste parti e Jasmine si trova con lui!"
"Che cosa è successo?" chiese la donna avvicinandosi premurosa al marito.
"Hanno tentato di rubarmi la perla di Ashraf. - spiegò l'uomo Ma questi amici l'hanno recuperata ed hanno salvato la mia vita. Il pirata Yazid mi avrebbe lasciato morire dissanguato." aggiunse mostrando la mano ferita.
"Quel pirata è di nuovo qui?" esclamò la donna con accento preoccupato.
Entrarono tutti nella casa.
Amina si dette subito da fare per preparare the aromatizzato ed accatastare cuscini su cui invitò gli ospiti a prender posto. Solo aRshid e Harith sedettero; Ashraf si stava prendendo cura dei cavalli e il lord chiedeva ad Asada bende e acqua.
Asada era davvero molto bella; anche attravero il velo era facile capirlo.
Era tenera e premurosa con il suo uomo ed un po' intimida dal tono imperioso dell'inglese.
Con in mano bende e acqua fresca guardava il lord che si prodigava con un unguento estratto dal'interno della casacca: un po' dell'unguento che Zaira gli aveva dato prima della partenza.
"Ha perso molto sangue. - spiegò sir Richard alzando il capo dalla mano ferita - Per questo è così debole. - proseguì, poi ebbe un rassicurante sorriso - Con questo unguento, però, si ristabilirà presto."
Evitando di chiamarla per nome, nel rispetto delle usanze arabe che vietavano ogni confidenza con le donne, il lord continuava a fare cenni col capo.
"Se Allah ha voluto sottoporci a questa prova, noi dobbiamo accettare la sua volontà... la sentì dire - I suoi disegni sono imprescrutabili e non sono un capriccio, ma nascondono sempre un beneficio."
Il lord girò nuovamente il capo verso di lei e per un istante gli parve di avere di fronte sua madre: la disarmante semplicità di quella donna lo commuoveva.
Anche Yizad sollevò il capo e guardò la sua donna.
"Le tue parole, mio bene, vogliono dire qualcosa che da tanto attendiamo?" disse.
"Sì!"
Un monosillabo. Ma vi era racchiuso il mondo intero e anche sir Richard capì.
"Avremo un figlio, sahib. - proruppe con voce raggiante il pescatore - Lo abbiamo atteso da quando il nostro villaggio si riunì per festeggiare le nostre nozze e sono passati otto anni."
Pallido e lo sguardo febbricitante, l'uomo tentò di sollevarsi dalla stuoia su cui la moglie lo aveva fatto stendere; voleva abbracciarla, ma non ci riuscì e ricadde all'indietro, senza però abbandonare il sorriso e al fratello che stava entrando in quel momento disse:
"In questa casa ci sarà presto un bambino, fratello mio."
Ashraf si precipitò verso la cognata, le prese la mano e la coprì di baci.
"Allah è grande, sorella mia! - disse, con lo stesso tono del fratello, poi a questi - La tua gioia deve esssere grande. fratello!"
"Non permetteremo ad Asada di tornare ad immergersi. Vero, Ashraf?" disse il pescatore.
"Non lo faremo. Allah ci aiuterà!" assentì con convinzione il fratello.
Rashid, che aveva ascoltato in silenzio, prese da una delle bisacce un sacchetto e lo porse a Yizad.
"Allah ti sta già aiutando, amico mio. - disse semplicemente, poi, al cenno di diniego dell'uomo - Sono per il bimbo che nascerà e per sua madre."
Mentre l'unguento agiva sul ferito facendolo scivolare in un sonno ristoratore, Asada si accostò al grande predone: nella piccola mano bruna spiccava la perla di Ashraf.
"Se sarà un bimbo gli daremo il tuo nome, sahib e se sarà una femmina avrà il nome di colei che è favorita nel tuo cuore ed io sarò debitrice di questa perla con Ashraf fino a quando non ne avrò pescata un'altra. - Asada si interruppe: aveva scorto sul bel volto del rais una espressione di profonda tristezza, tuttavia riprese - Questa perla insanguinata con il sangue del mio uomo è un segno della benevolenza di Allah, che ha condotto amici generosi nella sua casa modesta."
"Stai parlando con Rashid, il rais di Ar-Rimal, sorella mia." interloquì con sussiego il giovane Ashraf.
"Sono soltanto un uomo infelice. - gli occhi di Rashid bruciavano come carbone ardenti - La mia donna è stata rapita e noi stiamo inseguendo i rapitori. - spiegò, girandosi a guardare la donna - E vi siamo grati di questa ospitalità."
"Prendi la perla, allora. - lo sorprese Asada - Forse sanguinerà ancora, ma sono certa che ti porterà fortumna come ha fatto con noi e donala alla tua donna... - un attimo di esitazione -... quando l'avrai ritrovata... insieme a questo gioiello. - maggiunse con un sorriso quasi di scusa - Volevo farne un dono alla sposa di Asfraf per le sue nozze, ma il mare è uno scrigno tanto grande e ricco di cose preziose... Troverò qualcosa d'altro per lei."
Rashid tese la mano verso il medaglione, ignorando completamente la perla: era improvvisametne impallidito.
"Dove lo hai trovato?" domandò, visibilmente sconvolto.
"Tra i rami di un corallo." spiegò la donna.
"Quando?" incalzò il rais.
"Solo qualche ora prima del vostro arrivo.- spiegò lei - Ma... tu mi sembri turbato, sahib..."
Rashid non la lasciò finire.
"Questo medaglione appartiene alla mia donna. Io stesso gliel'ho donato. C'é il suo ritratto custodito all'interno ed io solo ho la chiave per aprirlo."
Harith e sir Richard, nel frattempo, si erano avvicinati e così Amina ed Asraf, poi Rashid impugnò la minuscola chiave che portava legata al collo e l'aprì.
Il medaglione passò di mano in mano prima di tornare in quelle di Rashid.
"La principessa Jasmine! - esclamò Ashraf - E' la principessa Jasmine, vero, sahib? ... Guarda... guarda anche tu, Amina."
"E'... è bellissima!" esclamarono insieme i due giovani.
Amina passò il ritratto ad Asada, che lo rese al grande predone di Ar-Rimal.
"Sapresti tornare nel luogo dove l'hai trovato?" domandò sir Richard.
"Certo! - rispose Asada - Sono pronta ad accompagnarvi anche subito."
"Scenderò io sott'acqua. - si offrì il giovane Ashraf - Tu ci indicherai il posto... se loro - indicò gli ospiti - sono in grado di stare in acqua come in terra."
"Sappiamo nuotare. - lo rassicurò il rais ed allo sguardo di stupore comparso sul volto del ragazzo - Lui è inglese. - spiegò, mentre continuava a contemplare con animo tormentato lo stupendo volto che gli sorrideva dal medaglione e fu proprio nell'atto di portarselo alle labbra a fare la sconvolgente scoperta - Per Allah!... Questo non è il volto della mia Jasmine... - proruppe - Jasmine ha gli occhi azzurri e la sua fronte è pura e senza nei..."
Sir Richard gli strappò quasi di mano il gioiello e lo fissò con estrema attenzione: il colore degli occhi della ragazza che sorrideva dal ritratto erano neri come l'ebano d'ebano ramati era il colore capelli e non castano dorato come quelli della principessa Jasmine. E quel grande neo sulla fronte, che rendeva così misterioso lo sguardo della ragazza che sorrideva dal medaglione, Jasmine non lo aveva. Jasmine, invece, era sull'angolo destro del mento che esibiva un segno di disinzione: una minuscola voglia dalla vaga forma di stella.
"Questa ragazza non è la principessa Jasmine!" confermò il lord inglese.
"E' vero!" convenne lo sceicco Harith quando anch'egli ebbe il medaglione fra le mani.
"Per tutte le balene dell'Oceano! - proruppe l'inglese, accantonando la proverbiale flemma - Tutto questo ci pone davanti ad un enigma da risolvere...Se la tua chiave ha aperto questo medaglione, Rashid, amico mio... questo che abbiamo davanti deve essere proprio il medaglione della principessa Jasmine..."
"Ma il ritratto non è della mia Jasmne!" insistette cupo il rais.
"Abbiamo un mistero da scoprire e prima lo risolveremo, meglio sarà!"
"Una cosa è certa. - continuò sempre più cupo Rashid - Hakam si nasconde da queste parti e Jasmine si trova con lui!"
Capitolo III - L'immersione
![Immagine](/uploads/5/4/5/6/5456389/3640807.jpg?385)
Ashraf e gli altri avevano raggiunto la barca di Zyiad quando un ragazzo si fermò alle loro spalle.
"Allah vi tenga in buona salute." salutò.
"Allah sia generoso anche con te, Amin. - era il figlio del fabbro - Possiamo fare qualcosa per te?" domandò Ashraf.
"Mi manda mio padre. - rispose quello - Ho un messaggio per un uomo di nome Rashid."
"Sono io Rashid. - il giovane si fece avanti, facendo convergere sul ragazzo lo sguardo da aquila -Quale messaggio mi manda tuo padre?"
Era a torso nudo, come i compagni, i muscoli potenti guizzanti sotto la pelle bruna per colorito, forgiati da fatica ed esercizio, le spalle atletiche.
"Devo riferirti che un uomo desidera parlare con te, se sei proprio l'uomo che cerco."
Piccolo e smilzo, il ragazzo, dieci o undici anni, lo guardò dal basso verso l'alto, socchiudendo gli occhi all'ingiuria del sole, già alto a quell'ora del mattino.
"Sono io. - rispose il rais - Chi sarebbe colui che vuole parlarmi?"
"Io non lo conosco, sahib. E' ospite di mio padre." spiegò il ragazzino tirando su col naso e scrutandolo fisso in volto.
"Non può essere Ibrahim. - Rashid si girò verso destra, in direzione di sir Richard che procedeva di un passo dietro di lui e che aveva assunto un'aria dubbiosa - Ci avrebbe raggiunto invece che inviarci un messaggio." disse.
"E se fosse un tranello?" interloquì il lord, ma Asada, al suo fianco, scosse ilcapo.
"Nessun tranello, sahib. - intervenne - Conosco bene il padre di Amin e poi... - la donna fece seguire una breve pausa -... siamo gente d'onore, qui... che si protegge e non si danneggia." aggiunse con velato accento di rimprovero.
Il lord inglese assentì col capo. Nel lungo peregrinare per mari e coste quale Ispettore della Compagnia di Navigazione di Sua Maestà la regina Vittoria, aveva avuto modo di apprezzare il valore della solidarietà e dell'onore di quella gente. Sapeva che, come nel deserto un uomo poteva contare perfino sul suo nemico per un sorso d'acqua, anche sulla costa, la solidarietà era più potente di qualunque conflitto o contrasto sociale o di classe.
Lo ripeteva sempre ai suoi concittadini, nei rari viaggi di ritorno in patria, che l'uomo sapeva rendersi solidale là dove la natura era più forte di lui: nel deserto, come in pieno oceano.
"Ci andrò! - Rashid accettò di buon grado il velato rimprovero della donna - Tranello o non tranello!"
"Vengo con te." si offrì il lord.
"No! - rispose senza esitazione il rais - Io ed Harith torneremo assieme a questo ragazzo alla forgia di suo padre e voi cercherete il posto dove è stato rinvenuto il medaglione... E' meglio così! Noi due saremmo d'impaccio per gente di mare come voi."
Così fecero. Rashid e il suo sceicco seguirono il giovanissimo Amin fino alla bottega del padre, mentre il lord ed Ashraf si dirigevano verso la barca insieme alla donna. Qui, quattro, sei, dieci mani si sporsero sui bordi per spingerla in acqua.
Sir Richard si guardava intorno con aria stupefatta: da dove spuntava tutta quella gente, si chiedeva. Chi era e perché era lì? Non tardò molto, però, a comprenderne la ragione; comprese anche il messaggio contenuto nel velato rimprovero di Asada: qui la gente si protegge e non si danneggia, aveva detto.
Gli era chiaro anche da chi quella gente doveva proteggersi: dal mare! Quel Dio potente che dava vita e la sottraeva; che vincolava a sé i popoli per generazioni, li temprava con la sua forza e la sua violenza, ma li rendeva solidali nel generare un baluardo capace di sfidarlo.
Ecco perché, si disse, a spingere in acqua la barca c'era tutta quella gente.
La barca prese il mare.
Poche miglia, nel più assoluto silenzio, se non lo sciabordare dell'acqua contro la fiancata e il rumore dei remi, poi Ashraf fermò la barca e tirò i remi, che sistemò sul fondo; sir Richard osservava in silenzio ogni suo gesto.
Alto, snello, bruno e non solo per colorito naurale, Ashraf si girò, infine, verso sir Richard poi fece convergere lo sguardo verso Asada, alle spalle del lord, che faceva l'atto di slacciarsi la lunga tunica verde che le nascondeva i segni della gravidanza.
"Sahib. - la voce della donna lo costrinse a voltarsi - Puoi ancora rinunciare a scendere di sotto. Io sono..."
"No! No! - il lord scosse il capo ben deciso ad affrontare l'immersione - Scenderò io con Ashraf. Voi, signora, sorveglierete che tutto proceda bene." e intanto che parlava si liberava
degli indumenti superflui.
La donna volse lo sguardo altrove; Ashraf, invece, si girò a guardarlo e non poté non notare il contrasto tra la pelle di faccia e mani, scurita dal sole e il colorito quasi pallido del corpo.
Alto quanto Ashraf e snello come lui, sir Richard esibiva un fisico scattante ed elegante, che la vita militare prima ed avventurosa successivamente, avevano irrobustito e reso atletico e prestante.
I due erano nudi, se si eccettuava una fascia stretta intorno ai fianchi che, passando in mezzo alle gambe, andava ad annodarsi in vita: un abbigliamento adatto all'immersione. Una pietra legata al piede ed assicurata ad una corda ed i due si tuffarono per ripetere il rito che i pescatori di perle ripetevano da secoli.
L'immersione non durava mai più di mezz'ora e la profondità da raggiungere non superava mai i quindici o sedici metri e sulla barca c'era sempre qualcuno pronto ad intervenire in caso di bisogno.
Asada era sulla barca a sorvegliare l'immersione.
I fondali marini non erano del tutto sconosciuti al lord inglese. ma il paesaggio sommerso che lo accolse appena sotto la supoerficie, gli offrì l'emozione di uno spettacolo assai più grandioso di quello conosciuto lungo le coste scozzesi. La prima emozione che andò loro incontro la offrì un favoloro drappo verde galleggiante che fioriva, leggiadramente mosso dalla brezza: il plancton che galleggiava sul mare, il primo anello della catena drlla vita. Miliardi e miliardi di organismi in vagabonda prigionia delle correnti che si offrivano a loro volta come nutrimento di altre creature.
L'acqua era trasparente, là dove riusciva a penetrare la luce, ma più in profondità, dove cominciava il buio, lo spettacolo si faceva incomparabile: gioielli viventi di rara bellezza e vivacità di colori; meraviglie nascoste di stravagante originalità.
Attratto, catturato da tanto splendore, sir Richard neppure avvertì il lieve disagio che comiciava ad avvilupparlo, la pelle delle dita che cominciava a sbiancare, le gambe che appesantivano e il cerchio intorno alla testa.
Ashraf, però, conosceva fin troppo bene i rischi di un'immersione prolungata per un principiante e gli fece cenno di risalire.
Risalirono subito e salire non fu meno affascinante che scendere: quanto non era stato notato durante l'immersione, fu scoperto durante la lenta enersione: lenta per permettere al corpo di riadattarsi al ritmo di respirazione.
Raggiunsero la superficie e l'acqua sulle loro teste andò facendosi sempre più leggera e trasparente. Passarono accanto ad un piccolo anfratto e un'antica brocca, testimonianza di scontri pirateschi in quelle zone, attirò l'attenzione del lord. A sorprenderlo maggiormente, però, fu soprattutto il magnifico ramo di corallo che vi aveva preso dimora: una minuscola colonia ch'era riuscita a svilupparsi su quel rottame.
Il lord non riuscì a resistere alla tentazoione e fece un cenno al ragazzo; Ashraf, che teneva ben stretto fra i denti il suo kangiar dalla ricurva, affilatissima lama, con un colpo secco staccò l'anfora dal fondo.
Ripresero a salire, lasciandosi di sotto il blu cupo e impenetrabile dell'abisso ed andando incontro al digradare di un azzurro dalle meravigliose sfumature fino a raggiungere la trasparenza e il mare mostrò le sue meraviglie: coralli a colonie, isolati o a bastoncelli che li sfioravano ad ogni bracciata.
Sir Richard si trovò d'un tratto il braccio quasi impigliato in una selva di lunghi, esili bastoncelli ondeggianti. Ricordò di averli già visti su un libro di Scienze Narurali e li riconbobbe subito . Non immaginava, però, così da vicino, che il tocco di quella splendida frusta vivente potesse essere così eccitante.
"Coralli a frusta" li chiamava sir Reginald, lo zio da cui aveva ereditato nome e passione per l'avventura, quando da ragazzo glieli mostrava sul libro.
Pochi metri dalla superficie e l'onda si delineò chiara, sopra la testa; poche bracciate e i due riemersero scuotendosi l'acqua di dosso.
Il primo a sailire sulla barca fu Ashraf che tese subito le mani verso di lui, ancora in acqua.
Sir Richard sollevò il capo; Asada era ritta in piedi, al fianco del ragazzo; il lord fece l'atto di porgerle la parola, ma l'espressione terrorizzata dipinta sul volto della donna lo fermò, costringendolo a dirottare lo sguardo nella direzione in cui era puntato quello di lei: nord-est dell'isola corallina, verso cui un banco di nebbia stava correndo veloce.
"Per tutte le blene dell'Oceano! - proruppe aguzzando la vista - Per tutte le balene dell'Oceano! - ripeté - Ma... ma che cos'è quella... quella..."
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Un'enorme vela nera era apparsa come d'incanto in mezzo al banco di nebbia e subito dopo anche il pennone cui era legata e infine l'intero albero maestro di una nave. Una candida figura spiccava, legata ai piedi del pennone su cui svolazzava una bandiera nera issata a lutto, a mezz'asta.
Sotto il suo sguardo stupefatto, il banco di nebbia andò spostandosi sulla destra e un veliero, cupo e tenebroso, completamente dipinto di nero, si stagliò contro l'orizzonte.
"Il Veliero Fantasma! - andava ripetendo la donna con voce tremante di paura - E' la terza volta che appare in questi ultimi giorni. La nebbia lo protegge e lo nasconde."
"Ma che cos'è?... Che cos'é quella sinistra apparizione?" domandò sempre più stupefatto il lord.
"Il Veliero Fantasma! Che Allah ci protegga! - anche Ashraf, lo sguardo incollato sulla cupa apparizione, mostrava segni di nervosismo - Ai remi! Fuggiamo. Fuggiamo via da qui. Presto!" sollecitava.
"Un momento! -il lord fissava la sinistra apparizione; da buon scozzese non dava del tutto scredito al fantastico e quel veliero tutto nero, fantastico lo era per davvero - Lasciatemi dare un'occhiata più da vicino a quel.... qualunque cosa sia!"
"E' il Veliero Fantasma! - proruppe per la terza volta la donna - Porta sfortuna a tutti quelli che si mettono sulla sua rotta."
"La sua rotta? - replicò il lord - Quella grossa barca nera come la pece sembra andare alla deriva, senza guida e alla mercé delle correnti."
"No! No! - la donna appariva davvero terrorizzata e continuava a toccarsi la fronte e il petto con segni di scongiuro - I fantasmi spingono quelle vele."
"C'è una figura legata all'albero maestro... una figura di donna, mi pare. - il lord mise a fuoco lo sguardo - Per Giove! A me pare di ravvisare qualcosa di familiare in quella figura... Presto! Avviciniamoci. Presto.!
"Avvicinarci? - fece eco Ashraf con aria stralunata - Ma che cosa dici, sahib? Quella nave è governata dai fantasmi dei marinai che l'hanno guidata un tempo per questi mari.... Dicono che fossero pirati... ancor più pericolosi da spiriti che da vivi.... Nessuno di quelli che hanno avuto l'ardire di avvicinarsi troppo o la disgrazia di mettersi sulla sua rotta è riuscito più ad allontanarsi da..."
"Pirati o fantasmi - il lord pose fine alle farneticanti parole del ragazzo - Se c'é un mistero, voglio vederlo da vicino." aggiunse con accento che non ammetteva repliche e dando di piglio ai remi.
Sir Richard puntò deciso in direzione della lugubre apparizione; i due lo lasciarono fare, muti dal terrore.
Si portarono a poche decine di metri dal veliero. Da vicino era ancora più cupo e spettrale. Ancora più misterioso che a prima vista. Pareva essere uscito da un tremenda tempesta di mare: le vele nere erano a brandelli e gli alberi spezzati, ad eccezione dell'albero maestro su cui sventolava sinistra la bandiera a lutto.
Legata al palo, proprio sotto di esso, c'era una figura di donna, chiara e distinta. La testa era reclinata sul petto e le mani dietro la schiena; le vesti, che recavano il ricordo di un passato splendore, erano appena mosse dalla brezza.
Ancora qualche colpo di remo, ancora qualche braccio più vicino, tanto da vedere la massa dei capelli, nerissimi e spioventi in avanti, muoversi al monotono rollio della nave; l'acqua sciabordava contro la fiancata,spumosa e bianca.
Sir Richard fermò la barca; a bordo della nave non c'era alcun segno di vita, all'infuori dell'inquietante presenza di quella figura di donna legata al palo. Un colpo di vento le scostò i capelli mettendo in mostra un volto di straordinaria bellezza che strappò al lord un'esclamazione di soffocato stupore:
"La principessa Jasmine!... - proruppe - La donna legata all'albero maestro di quella maledetta nave è la principessa Jasmine... Dobbiamo soccorrela... Presto... Presto!"
"No! No, sahib! - implorava Asada alle sue spalle - Sono due anni che quel veliero naviga su questi mari. Non è la principessa Jasmine...Non è la principessa Jasmine..."
"Due anni? - trasecolò il lord; i piedi parvero radificare sul fondo della barca - Non è possibile! Solo due mesi fa la principessa Jasmine era a Sahab, felice e piena di vita."
"Quella che hai scambiato per la principessa Jasmine, sahib, è solo un'immagine della tua fantasia. Presto scomparirà e con..."
La donna non riuscì a portare a termine la sua replica: il banco di nebbia tornò a muoversi, inquieto, sul mare e inghiottì il veliero. Quando, pochi attimi dopo, si staccò dall'isola, del veliero non c'era più traccia.
"Hai visto? I fantasmi che governano quella nave maledetta hanno attirato la nebbia per nascondersi."
Il lord non replicò ma, considerato lo stato della donna, reputò opportuno tornare indietro: troppe emozioni per la povera Asada in un sol giorno.
Con Ashraf virò di bordo e puntò la prua verso riva ed entrambi presero a remare con vigore; alle loro spalle, due inconfondibili, minacciose pinne di squalo.