IL RAIS
(Cap. XIV - XVII)
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Un piccolo incidente, una manciata di minuti più tardi, movimentò l'atmosfera: qualcuno aveva rubato a Selima il suo medaglione e la ragazza era fuori di sé; prima pianse ed imprecò, poi, con la schiava Dacia mise a soqquadro la sua tenda, fino quando non si convinse dell’estraneità della poveretta al furto. Mai la schiava fu più zelante e diligente come in quella occasione: non un solo millimetro all’interno ed intorno alla tenda rimase inesplorato. Cercò, infine, l'aiuto delle altre donne del campo.
Una di loro disse di aver visto un ragazzo gironzolare attorno alla tenda, un ragazzo dai modi sospetti e malamente vestito, aggiunse.
“E non lo hai riconosciuto?” domandò la Favorita.
“Era un ragazzo. – la donna si strinse nelle spalle con gesto contrito – Mi pare che avesse un burnus color dattero. – spiegò - L'ho visto allontanarsi da quella parte." concluse, indicando l'uscita del campo.
“Vieni! – ordinò Selima, con l’accento autoritario che le veniva dalla sua posizione di Favorita del grande capo – Fammi vedere chi ha osato mettere le mani su un gioiello di Se lima!”
L’altra ubbidi.
Al limitare del campo, seduto per terra, la schiena appoggiata contro un vecchio arbusto rinsecchito, sedeva un ragazzo; avvolto in un mantello di almeno due taglie più grandi, volgeva le spalle al campo.
La donna lo indicò da lontano.
"E' lui. Riconosco il suo mantello." disse.
Era Amud, lo strano ragazzo al seguito del vecchio pastore Amin; la capretta che gli era stata donata non era più con lui, però aveva ancora la coperta che gli aveva dato Rashid.
Selima lo sorprese di spalle, che stava gingillandosi col suo gioiello.
"Brutto ladruncolo. - lo assalì; il ragazzo sussultò - Dove hai preso quel gioiello? Dammelo."
Il ragazzo sollevò la fronte e piantò in faccia alla favorita due stupendi occhi azzurri.
"E' mio!" rispose con voce soffocata, balzando in piedi e sottraendosi con uno scatto improvviso alle braccia tese di Selima.
"Dammelo. Brutto ladro cencioso. Dammelo." gli urlò la donna.
Ma Amud fece sparire il medaglione entro le pieghe del mantello poi si guardò intorno e si dette alla fuga.
Pochi metri più a destra c'erano due uomini di guardia al recinto dei cavalli; Amud puntò verso quella direzione.
I due gli vennero incontro, ma il ragazzo, agile come un cerbiatto, deviò la corsa e puntò verso il lato opposto.
Un gruppo di donne, però, gli sbarrò la strada.
Amud si fermò. Si guardò intorno, ma solo per un attimo, come fa l’animale braccato in cerca di una via di scampo. Vide Selima, che gli veniva incontro con un frustino, le donne che gridavano, gli uomini che ghignavano; c'era perfino un gruppo di bambini che cercava di prenderlo, come in un gioco crudele di cui non conoscevano le conseguenze.
Il ragazzo non si dette per vinto. Proprio all'altro capo del campo vide un varco fra due tende. Correndo a zig-zag verso quella direzione, riuscì a scansare tutti: donne, bambini ed un gruppetto di uomini.
"Piccolo demonio!" disse un degli uomini ,che si era guadagnato un calcio negli stinchi.
"Acchiappatelo. Prendetelo." gridavano da ogni parte.
“Ha con sé il mio gioiello… non fatelo scappare.” gridava Se lima, mettendosi anche lei dietro gli inseguitori.
Il ragazzo sarebbe certamente riuscito ad uscire dal campo, le sue gambe erano leste e leggere come quelle di un'antilope, ma fu il caso a fermarlo: Akim gli comparve davanti all'improvviso e i due ragazzi non riuscirono ad evitare l'urto.
Akim non si era accorto di quella piccola valanga umana e l'altro non era riuscito ad evitarlo. Caddero per terra sulla sabbia soffice che si sollevò schizzando come acqua.
"Allah mi assista!" Amud cercò di rialzarsi.
"Per la furia di Kalì! Chi è questa freccia?" esclamò il piccolo mago indiano.
Troppo tardi per Amud: due, tre, quattro mani si tesero verso di lui; uomini e donne avevano circondato i due ragazzi, semiaccecati dalla sabbia.
“E’ un ladro. – spiegò qualcuno, afferrando il ladruncolo per un braccio – Ha rubato il dono che Rashid ha fatto a Se lima.”
Trascinato di peso, Amud si ritrovò al centro del campo, ma le sue risorse parevano inesauribili: il capo curvo, il respiro affannoso, il ragazzo finse di essere domato, ma di colpo si chinò a raccogliere una manciata di sabbia e la gettò negli occhi del malcapitato che lo aveva preso in consegna. Il residuo di sabbia rimasto nel piccolo pugno, lo fece volare tutt'intorno.
L'uomo cacciò un urlo e lasciò andare la presa; con le mani si teneva gli occhi ed insieme a tutti quelli che avevano avuto uguale sorte, si mise a gareggiare nel più fiorito linguaggio di imprecazioni che l'Islam fosse in grado di offrire.
Amud si ritrovò nuovamente libero e nuovamente ritentò la fuga, ma il cerchio intorno a lui si era ormai fatto inesorabile.
Una di loro disse di aver visto un ragazzo gironzolare attorno alla tenda, un ragazzo dai modi sospetti e malamente vestito, aggiunse.
“E non lo hai riconosciuto?” domandò la Favorita.
“Era un ragazzo. – la donna si strinse nelle spalle con gesto contrito – Mi pare che avesse un burnus color dattero. – spiegò - L'ho visto allontanarsi da quella parte." concluse, indicando l'uscita del campo.
“Vieni! – ordinò Selima, con l’accento autoritario che le veniva dalla sua posizione di Favorita del grande capo – Fammi vedere chi ha osato mettere le mani su un gioiello di Se lima!”
L’altra ubbidi.
Al limitare del campo, seduto per terra, la schiena appoggiata contro un vecchio arbusto rinsecchito, sedeva un ragazzo; avvolto in un mantello di almeno due taglie più grandi, volgeva le spalle al campo.
La donna lo indicò da lontano.
"E' lui. Riconosco il suo mantello." disse.
Era Amud, lo strano ragazzo al seguito del vecchio pastore Amin; la capretta che gli era stata donata non era più con lui, però aveva ancora la coperta che gli aveva dato Rashid.
Selima lo sorprese di spalle, che stava gingillandosi col suo gioiello.
"Brutto ladruncolo. - lo assalì; il ragazzo sussultò - Dove hai preso quel gioiello? Dammelo."
Il ragazzo sollevò la fronte e piantò in faccia alla favorita due stupendi occhi azzurri.
"E' mio!" rispose con voce soffocata, balzando in piedi e sottraendosi con uno scatto improvviso alle braccia tese di Selima.
"Dammelo. Brutto ladro cencioso. Dammelo." gli urlò la donna.
Ma Amud fece sparire il medaglione entro le pieghe del mantello poi si guardò intorno e si dette alla fuga.
Pochi metri più a destra c'erano due uomini di guardia al recinto dei cavalli; Amud puntò verso quella direzione.
I due gli vennero incontro, ma il ragazzo, agile come un cerbiatto, deviò la corsa e puntò verso il lato opposto.
Un gruppo di donne, però, gli sbarrò la strada.
Amud si fermò. Si guardò intorno, ma solo per un attimo, come fa l’animale braccato in cerca di una via di scampo. Vide Selima, che gli veniva incontro con un frustino, le donne che gridavano, gli uomini che ghignavano; c'era perfino un gruppo di bambini che cercava di prenderlo, come in un gioco crudele di cui non conoscevano le conseguenze.
Il ragazzo non si dette per vinto. Proprio all'altro capo del campo vide un varco fra due tende. Correndo a zig-zag verso quella direzione, riuscì a scansare tutti: donne, bambini ed un gruppetto di uomini.
"Piccolo demonio!" disse un degli uomini ,che si era guadagnato un calcio negli stinchi.
"Acchiappatelo. Prendetelo." gridavano da ogni parte.
“Ha con sé il mio gioiello… non fatelo scappare.” gridava Se lima, mettendosi anche lei dietro gli inseguitori.
Il ragazzo sarebbe certamente riuscito ad uscire dal campo, le sue gambe erano leste e leggere come quelle di un'antilope, ma fu il caso a fermarlo: Akim gli comparve davanti all'improvviso e i due ragazzi non riuscirono ad evitare l'urto.
Akim non si era accorto di quella piccola valanga umana e l'altro non era riuscito ad evitarlo. Caddero per terra sulla sabbia soffice che si sollevò schizzando come acqua.
"Allah mi assista!" Amud cercò di rialzarsi.
"Per la furia di Kalì! Chi è questa freccia?" esclamò il piccolo mago indiano.
Troppo tardi per Amud: due, tre, quattro mani si tesero verso di lui; uomini e donne avevano circondato i due ragazzi, semiaccecati dalla sabbia.
“E’ un ladro. – spiegò qualcuno, afferrando il ladruncolo per un braccio – Ha rubato il dono che Rashid ha fatto a Se lima.”
Trascinato di peso, Amud si ritrovò al centro del campo, ma le sue risorse parevano inesauribili: il capo curvo, il respiro affannoso, il ragazzo finse di essere domato, ma di colpo si chinò a raccogliere una manciata di sabbia e la gettò negli occhi del malcapitato che lo aveva preso in consegna. Il residuo di sabbia rimasto nel piccolo pugno, lo fece volare tutt'intorno.
L'uomo cacciò un urlo e lasciò andare la presa; con le mani si teneva gli occhi ed insieme a tutti quelli che avevano avuto uguale sorte, si mise a gareggiare nel più fiorito linguaggio di imprecazioni che l'Islam fosse in grado di offrire.
Amud si ritrovò nuovamente libero e nuovamente ritentò la fuga, ma il cerchio intorno a lui si era ormai fatto inesorabile.
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![Immagine](/uploads/5/4/5/6/5456389/7213830.jpg?325)
Il cavallo di Jasmine correva veloce sulla sabbia che sollevandosi lasciava filtrare la luce sanguigna del tramonto creando un alone che chiudeva il cavallo e la ragazza come in una visione fantastica.
Tesa in avanti, i capelli al vento, le mani aggrappate alla criniera, per un pezzo la principessa mantenne tra sé e il suo inseguitore una certa distanza.
"Allah, non gettarmi nelle mani dei miei nemici." andava invocando incitando il cavallo, china sul collo dell’animale.
Non si voltava mai indietro,forse per non vedere lo spazio che il suo inseguitore stava guadagnando rapidamente. Sentiva, però, il respiro ansante di Dahis, il cavallo di Raschid, farsi sempre più vicino. Anche Rashid incitava Dahis:
"Avanti, Dahis, ancora uno sforzo!” lo spronava.
Ancora tre metri lo separavano da lei.
“Coraggio, Dahis… uno sforzo ancora…”
Due metri.
“Allah Misericordioso… proteggimi tu…”
Rashid udì l’angoscia infinita di quella voce tanto adorata trasferirsi in lui…
“Fermati, Jasmine… fermati… “ invocò ancora e la voce di lei lo ferì ancora:
“… Oh Allah di misericordia… non gettarmi nelle mani dei miei nemici…” la udì implorare e l’ultimo brandello di raziocinio lo abbandonò e lo fece sprofondare in un lucido delirio:
“Coraggio, Dahis… amico mio fedele… Andiamo incontro alla felicità o all'annientamento. Seguiamo questo miraggio che ci sprofonderà negli abissi o ci condurrà verso la gioia...Io sono pazzo...ma ben venga la follia se porta con sé la felicità"
Raggiunse la ragazza e tese le braccia.
"Fermati.- implorò - Chiunque tu sia, ombra o creatura umana. Fermati, ti prego."
E poiché lei non arrestava la sua corsa e poiché lei lo guardava con occhi pieni di terrore ed orrore, Rashid cercò di fermare il cavallo di lei senza briglie. Ma inutilmente. Allora si erse sul busto, puntò un ginocchio sulla groppa nuda di Dahis e con un colpo di reni balzò sulla groppa dall'altro cavallo. Una violenta emozione lo prese quando sentì il corpo di lei fra le braccia:
"Dunque, sei viva? – mormorò con voce strozzata - Non sei un miraggio evocato dalla mia mente tormentata. Allah ha aperto la tua tomba e squarciato la terra sotto la quale io stesso ti ho sepolta." Piangeva e rideva, sommerso da una felicità che procurava dolore fisico, ma lei gemeva, stretta in quell’abbraccio spasmodico e lui allentò la stretta.
"Sono perduta! Sono perduta!" bisbigliava lei guardandolo con occhi che gli penetravano l’animo.
"Ma perché dici questo, dolce amore mio?" anche il grande predone gemeva.
Lei non rispose, lui fermò il cavallo e balzò a terra, aiutando lei a fare altrettanto.
"Sono perduta! Sono perduta!" continuava a ripetere Jasmine.
"Tu hai paura di me?- domandò il giovane dolorosamente stupito, accarezzandole i capelli con gesto tenero.- Non puoi aver paura di me, mio bene infinito... Non puoi aver paura proprio di me che ho destato la pietà di Allah fino ad indurlo ad aprire il sepolcro entro cui io stesso ho seppellito il tuo corpo."
"Non ero io l'infelice che tu hai sepolto." lo sorprese la voce di lei infine.
"Ma io... io ho scavato la tua tomba...Io… - Rashid sollevò le mani, con gesto di immenso dolore impresso sul volto come una stigmate – Io… con queste mani."
Lei scosse il capo.
"Era un'altra infelice, quella che tu hai seppellito. Ma tu...tu perché mi perseguiti? Vuoi consegnarmi ai miei nemici?"
"Io consegnarti ai tuoi nemici? Oh, Jasmine! Io ho messo a ferro e fuoco i tuoi nemici credendo di vendicare la tua morte. Come puoi pensare questo?"
"Intorno a me c'è solo inganno." rispose lei con profonda amarezza nella voce.
"Lo so. Lo so che il sultano di Doha ha venduto la sua pupilla per un pugno di gemme." proruppe il giovane avvolgendola con uno sguardo che era un carezza.
"Come posso fidarmi dei nemici se anche gli amici mi hanno ingannata? – cominciò a piangere lei… piano, sommessamente, senza singhiozzi - Come posso fidarmi di te che hai procurato danno e morte alla mia gente?"
"La tua gente? Quale terribile segreto mi nascondi, Jasmine? Chi sei? Perchè dici questo?"
"Io sono la figlia primogenita dello sceicco di Haradh."
"Kaleb ab Abin? – stupì vivamente Rashidil – Sei la figlia di quel valoroso che perse la vita per l'autonomia della sua tribù? Chi mi incolpa di quel crimine?" domandò.
"Sayed Alì." rispose la principessa.
"Lui! - proruppe il rais - Lo immaginavo! No, piccola dolce colomba, io ti giuro su ciò che mi è più sacro al mondo, che sono estraneo a quelle scelleratezze. - spiegò dopo una pausa riempita da sguardi sempre più teneri - Io conosco i responsabili di quei crimini… Oh, se li conosco!”
“Davvero? - stupì lei, guardandolo con occhi colmi di speranza - Chi… Chi è stato?”
Jasmine smise di piangere; cercò un fazzolettino per detergersi le lacrime, ma nell’abito maschile in cui era infagottata non ve n’era ed allora Rashid, con gesto di infinita, delicata tenerezza, tese una mano e le asciugò con il suo indice, che poi si portò alle labbra; negli occhi della principessa passò un lampo che per Rashid riuscì perfino ad appannare la luce abbagliante del sole.
“Abud Aziz! E' stato Abud Azid, lo sceicco dei Bakr, a sterminare la tua gente, mio bene infinito!... Egli mirava ad assicurarsi il controllo delle piste carovaniere e Sayed Alì lo ha sostenuto nell'impresa."
"Sayed era amico di mio padre. – di nuovo due lacrime spuntarono nei begli occhi di smeraldo della principessa Jasmine - Avrebbe ingannato il suo migliore amico e poi venduto la figlia di lui?... Oh! E' orribile! Ma perché?... Perché lo avrebbe fatto?"
"Per ambizione e sete di potere!" spiegò il giovane.
"Oh, Rashid. Sayed dice di te che..."
"So quello che Sayed dice del suo nemico.- la interruppe lui - La paura rende tenace il rancore! Sayed ha paura del rais dei Kinda perché sa che deve rendergli conto, un giorno, delle proprie infamie e quel giorno è arrivato. Dovrà pagare per quello che ha fatto alla tua gente ed anche alla mia famiglia."
"Non capisco."
"Tutti mi conoscono come Rashid, rais dei Kinda ed hanno intessuto intorno a questo nome favole e leggende che dalla realtà sono assai lontano, ma… il mio nome è un altro.. – Jasmine ascoltava con profondo stupore - Nessuno sa che il mio nome è Rashid bin Hammad. Io sono il figlio naturale del deposto sultano di Doha che Sayed con l'inganno e il favore di Paesi stranieri ha spodestato ed ucciso con la famiglia."
"Oh!..." fu il solo commento della principessa.
"In questo tempo di lotte fratricide che insanguinano le nostre terre da lontane generazioni, non è stato difficile a quell’avvoltoio... a Sayed Alì, deporre il legittimo Sultano… - una pausa, per dare tempo alla collera che il solo nome di Sayed procurava al suo cuore, poi il grande predone riprese - I tempi, ora, sono maturi per nuovi eventi e presto sul trono di Doha tornerà a sedere Tamin bin Hammad, il legittimo sultano... Ma di lui ti parlerò in un altro momento, mia diletta, ora occorre che si vada a rassicurare gli amici che tu sei viva e reale e non un'apparizione evocata dal mio dolore. Vieni. Andiamo da loro o crederanno che..."
"Ancora una cosa, Rashid. - lo interruppe lei - Io ho un grosso debito da saldare alla persona cui devo la vita: suo figlio Kashi... E' un bambino di quattro anni e vive ad Haradh. Io gli ho promesso che mi sarei occupata di lui appena Allah me ne avrebbe dato l'occasione."
"Ma certo, mio tesoro. Partiremo per Haradh domani stesso, ma ora torniamo dai nostri amici."
Al campo furono tutti felici e commossi nel riabbracciare colei che avevano pianto morta e non si parlò che della grande misericordia di Allah che aveva voluto ricongiungere i due giovani dopo averli sottoposti ad una prova tanto dura e drammatica.
Tesa in avanti, i capelli al vento, le mani aggrappate alla criniera, per un pezzo la principessa mantenne tra sé e il suo inseguitore una certa distanza.
"Allah, non gettarmi nelle mani dei miei nemici." andava invocando incitando il cavallo, china sul collo dell’animale.
Non si voltava mai indietro,forse per non vedere lo spazio che il suo inseguitore stava guadagnando rapidamente. Sentiva, però, il respiro ansante di Dahis, il cavallo di Raschid, farsi sempre più vicino. Anche Rashid incitava Dahis:
"Avanti, Dahis, ancora uno sforzo!” lo spronava.
Ancora tre metri lo separavano da lei.
“Coraggio, Dahis… uno sforzo ancora…”
Due metri.
“Allah Misericordioso… proteggimi tu…”
Rashid udì l’angoscia infinita di quella voce tanto adorata trasferirsi in lui…
“Fermati, Jasmine… fermati… “ invocò ancora e la voce di lei lo ferì ancora:
“… Oh Allah di misericordia… non gettarmi nelle mani dei miei nemici…” la udì implorare e l’ultimo brandello di raziocinio lo abbandonò e lo fece sprofondare in un lucido delirio:
“Coraggio, Dahis… amico mio fedele… Andiamo incontro alla felicità o all'annientamento. Seguiamo questo miraggio che ci sprofonderà negli abissi o ci condurrà verso la gioia...Io sono pazzo...ma ben venga la follia se porta con sé la felicità"
Raggiunse la ragazza e tese le braccia.
"Fermati.- implorò - Chiunque tu sia, ombra o creatura umana. Fermati, ti prego."
E poiché lei non arrestava la sua corsa e poiché lei lo guardava con occhi pieni di terrore ed orrore, Rashid cercò di fermare il cavallo di lei senza briglie. Ma inutilmente. Allora si erse sul busto, puntò un ginocchio sulla groppa nuda di Dahis e con un colpo di reni balzò sulla groppa dall'altro cavallo. Una violenta emozione lo prese quando sentì il corpo di lei fra le braccia:
"Dunque, sei viva? – mormorò con voce strozzata - Non sei un miraggio evocato dalla mia mente tormentata. Allah ha aperto la tua tomba e squarciato la terra sotto la quale io stesso ti ho sepolta." Piangeva e rideva, sommerso da una felicità che procurava dolore fisico, ma lei gemeva, stretta in quell’abbraccio spasmodico e lui allentò la stretta.
"Sono perduta! Sono perduta!" bisbigliava lei guardandolo con occhi che gli penetravano l’animo.
"Ma perché dici questo, dolce amore mio?" anche il grande predone gemeva.
Lei non rispose, lui fermò il cavallo e balzò a terra, aiutando lei a fare altrettanto.
"Sono perduta! Sono perduta!" continuava a ripetere Jasmine.
"Tu hai paura di me?- domandò il giovane dolorosamente stupito, accarezzandole i capelli con gesto tenero.- Non puoi aver paura di me, mio bene infinito... Non puoi aver paura proprio di me che ho destato la pietà di Allah fino ad indurlo ad aprire il sepolcro entro cui io stesso ho seppellito il tuo corpo."
"Non ero io l'infelice che tu hai sepolto." lo sorprese la voce di lei infine.
"Ma io... io ho scavato la tua tomba...Io… - Rashid sollevò le mani, con gesto di immenso dolore impresso sul volto come una stigmate – Io… con queste mani."
Lei scosse il capo.
"Era un'altra infelice, quella che tu hai seppellito. Ma tu...tu perché mi perseguiti? Vuoi consegnarmi ai miei nemici?"
"Io consegnarti ai tuoi nemici? Oh, Jasmine! Io ho messo a ferro e fuoco i tuoi nemici credendo di vendicare la tua morte. Come puoi pensare questo?"
"Intorno a me c'è solo inganno." rispose lei con profonda amarezza nella voce.
"Lo so. Lo so che il sultano di Doha ha venduto la sua pupilla per un pugno di gemme." proruppe il giovane avvolgendola con uno sguardo che era un carezza.
"Come posso fidarmi dei nemici se anche gli amici mi hanno ingannata? – cominciò a piangere lei… piano, sommessamente, senza singhiozzi - Come posso fidarmi di te che hai procurato danno e morte alla mia gente?"
"La tua gente? Quale terribile segreto mi nascondi, Jasmine? Chi sei? Perchè dici questo?"
"Io sono la figlia primogenita dello sceicco di Haradh."
"Kaleb ab Abin? – stupì vivamente Rashidil – Sei la figlia di quel valoroso che perse la vita per l'autonomia della sua tribù? Chi mi incolpa di quel crimine?" domandò.
"Sayed Alì." rispose la principessa.
"Lui! - proruppe il rais - Lo immaginavo! No, piccola dolce colomba, io ti giuro su ciò che mi è più sacro al mondo, che sono estraneo a quelle scelleratezze. - spiegò dopo una pausa riempita da sguardi sempre più teneri - Io conosco i responsabili di quei crimini… Oh, se li conosco!”
“Davvero? - stupì lei, guardandolo con occhi colmi di speranza - Chi… Chi è stato?”
Jasmine smise di piangere; cercò un fazzolettino per detergersi le lacrime, ma nell’abito maschile in cui era infagottata non ve n’era ed allora Rashid, con gesto di infinita, delicata tenerezza, tese una mano e le asciugò con il suo indice, che poi si portò alle labbra; negli occhi della principessa passò un lampo che per Rashid riuscì perfino ad appannare la luce abbagliante del sole.
“Abud Aziz! E' stato Abud Azid, lo sceicco dei Bakr, a sterminare la tua gente, mio bene infinito!... Egli mirava ad assicurarsi il controllo delle piste carovaniere e Sayed Alì lo ha sostenuto nell'impresa."
"Sayed era amico di mio padre. – di nuovo due lacrime spuntarono nei begli occhi di smeraldo della principessa Jasmine - Avrebbe ingannato il suo migliore amico e poi venduto la figlia di lui?... Oh! E' orribile! Ma perché?... Perché lo avrebbe fatto?"
"Per ambizione e sete di potere!" spiegò il giovane.
"Oh, Rashid. Sayed dice di te che..."
"So quello che Sayed dice del suo nemico.- la interruppe lui - La paura rende tenace il rancore! Sayed ha paura del rais dei Kinda perché sa che deve rendergli conto, un giorno, delle proprie infamie e quel giorno è arrivato. Dovrà pagare per quello che ha fatto alla tua gente ed anche alla mia famiglia."
"Non capisco."
"Tutti mi conoscono come Rashid, rais dei Kinda ed hanno intessuto intorno a questo nome favole e leggende che dalla realtà sono assai lontano, ma… il mio nome è un altro.. – Jasmine ascoltava con profondo stupore - Nessuno sa che il mio nome è Rashid bin Hammad. Io sono il figlio naturale del deposto sultano di Doha che Sayed con l'inganno e il favore di Paesi stranieri ha spodestato ed ucciso con la famiglia."
"Oh!..." fu il solo commento della principessa.
"In questo tempo di lotte fratricide che insanguinano le nostre terre da lontane generazioni, non è stato difficile a quell’avvoltoio... a Sayed Alì, deporre il legittimo Sultano… - una pausa, per dare tempo alla collera che il solo nome di Sayed procurava al suo cuore, poi il grande predone riprese - I tempi, ora, sono maturi per nuovi eventi e presto sul trono di Doha tornerà a sedere Tamin bin Hammad, il legittimo sultano... Ma di lui ti parlerò in un altro momento, mia diletta, ora occorre che si vada a rassicurare gli amici che tu sei viva e reale e non un'apparizione evocata dal mio dolore. Vieni. Andiamo da loro o crederanno che..."
"Ancora una cosa, Rashid. - lo interruppe lei - Io ho un grosso debito da saldare alla persona cui devo la vita: suo figlio Kashi... E' un bambino di quattro anni e vive ad Haradh. Io gli ho promesso che mi sarei occupata di lui appena Allah me ne avrebbe dato l'occasione."
"Ma certo, mio tesoro. Partiremo per Haradh domani stesso, ma ora torniamo dai nostri amici."
Al campo furono tutti felici e commossi nel riabbracciare colei che avevano pianto morta e non si parlò che della grande misericordia di Allah che aveva voluto ricongiungere i due giovani dopo averli sottoposti ad una prova tanto dura e drammatica.
CAP. XVII - Ritorno a Sahab
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"Porti il cammello alla fonte, ma non puoi costringerlo a bere" (proverbio beduino)
Mancavano poche ore al tramonto quando Rashid, in compagnia di Jasmine, lasciò il campo. Dovevano raggiungere la cittadina di Haradh e il fabbro Thary Kebasky per prelevare il piccolo Kashi . Il campo distava dalla città una cinquantina di miglia; cavalcando tutto il giorno e riprendendo la pista all’alba, sarebbero arrivati nella cittàdina nella tarda mattinata. Man mano che si allontanavano, il deserto di sabbie cedeva il posto a steppa e sterpaglia ciottolosa.
Cavalcarono fino al tramonto e si prepararono per il bivacco.
Jasmine rifiutò il cibo e bevve solo una tazza di the freddo; Rashid, invece, mangiò carne di capretto arrostita sui carboni accesi, bevve il suo the e preparò una stuoia accanto al fuoco. Dopo aversi steso una coperta, invitò la ragazza a distendersi.
Jasmine ubbidì, senza aprir bocca. Si distese sulla grande stuoia e si tirò la coperta sulle spalle.
Cominciava a far freddo.
La ragazza chiuse gli occhi, ma li riaprì subito cercando di sbirciare in direzione del grande predone che, seduto accanto al fuoco, il fucile per terra sulla sinistra, la jatagan ai piedi e il pugnale nel fodero, vigilava nel buio azzurrognolo. Le fiamme del bivacco proiettavano la sua ombra ingigantita tra ciottoli e magri rovi e la luce tremolante, illuminava il suo bel volto dall’espressione pensosa.
Sentendo lo sguardo di lei su di sé, si girò.
“Non dormi? – le sorrise – Vorrei offrirti un letto più comodo, ma in questo momento non posso offrirti altro.”
“E’ soffice questa stuoia.” Jasmine rispose al sorriso e si sollevò su un gomito; la luna strappava bagliori ai suoi occhi luminosi e argentei riflessi ai suoi capelli nerissimi e lucenti, tali da sembrare bagnati.
“Cerca di riposare. – disse lui; lei fece un cenno affermativo del capo e tornò a stendersi – Saremo ad Haradh in mattinata se ci alzeremo presto.”
Jasmine richiuse gli occhi, ma non dormiva.
“Rashid. – lo chiamò, improvvisamente, rimettendosi a sedere – Io… io non sono una ladra.” proruppe, tuffando lo sguardo smarrito e dolce in quello ardente di lui.
Rashid ebbe un largo sorriso e allungò una mano verso il bellissimo volto di lei proteso in avanti.
“Questo gioiello è mio. - riprese lei, tirando fuori il medaglione che Rashid aveva donato a Selima – L’ho riconosciuto subito, quando lo hai donato a Se lima… la tua Favorita…” aggiunse, in tono di velata gelosia, che non sfuggì al giovane.
Rashid si alzò per andarle più vicino.
“Era nei sotterranei del Tempio dell’Oasi dei Graffiti. – disse, sfiorandole la guancia – Faceva parte del tesoro di Hakam, il Gran Sacerdote del Tempio.”
“Questo gioiello apparteneva a mia madre. – spiegò lei – E’ uno dei pochi che sono riuscita a sottrarre alla cupidigia dei Bakr, durante il loro attacco. “ precisò.
“Come sarà finito nei sotterranei del Tempio di quella maledetta oasi?” domandò il giovane.
“Sono stata io stessa a regalarlo ad un soldato della mia scorta, quando ero a Doha. Si chiamava Almos e…”
“Almos?”
“Lo conosci, forse?” domandò Jasmine, in tono sorpreso.
“Può darsi! Non so ancora se parliamo della stessa persona.”
“Almos é il padre di Kashi e di Alma, la ragazza che tu hai visto sacrificare nei sotterranei del Tempio.”
“Misericordia di Allah! - esclamò il grande predone - Parliamo proprio della stessa persona. Almos è l'uomo che doveva rapirti e consegnarti nelle mani di Hakam, ma che ti ha messo in salvo facendoti fuggire e procurandoti abiti adatti."
"Ma... ma tu, come fai a sapere queste cose?" domandò Jasmine.
"Perché abbiamo tentato di portarti via da Doha, io e i miei amici e... - Rashid raccontò gli ultimi avvenimenti in ogni particolare - Adesso la povera piccola Alma potrà riposare accanto alle spoglie del padre, a cui andrà sempre la mia gratitudine. - concluse - Mi dolgo soltanto di non essere arrivato in tempo per salvarla dal pugnale di quel pazzo sanguinario."
“Alma aveva il mio stesso volto e il volto di colei che l’aveva preceduta… il volto di Manat, la Dea-Vivente. – la voce della principessa tremò e Rashid le passò un braccio intorno alle spalle, in un gesto protettivo – Chi possiede questo volto è votata alla morte.” sussurrò.
“Non più, adesso, mio bene! Non più! Io ho distrutto quel covo di belve sanguinarie.”
Lei scosse il capo.
“Hakam è sfuggito alla morte e la setta si è già ricomposta. – disse – Sarei già nelle loro mani se non fossi ricorsa al travestimento da pastore e non mi fossi unita alla tua gente.”
“Oh! - sorrise lui – Sei stata molto coraggiosa… Quel pastorello… Amud! Oh! Sentivo un’attrazione irresistibile verso quel pastorello… quel profumo, quando venne a distendersi accanto a me, nella notte. Ricordi?… Se solo avessi immaginato… Chiesi di lui, il mattino dopo, quando mi svegliai e non lo trovai più sotto la mia tenda… Così solo e scontroso… provavo assai più che pena per lui… Se solo avessi immaginato – ripeté l’uomo più temuto del deserto – quanto solo e perseguitato fosse il piccolo Amud… Se solo avessi immaginato chi era davvero il piccolo Amud… ma adesso nessuno più oserà farti del male, amore mio. Io sarò sempre vicino a te per proteggerti. Ora non sei più sola e perseguitata… ora sei sotto la protezione del Rais dei Kinda… che tutti temono, qui, nel deserto.” aggiunse con un sorriso schivo.
“Temevo anch’io il rais dei Kinda. – anche Jasmine sorrise e posò il capo alla spalla di lui che tremò d’emozione al lieve contatto.
L’impulso di stringerla forte a sé era quasi incontrollabile, ma il timore di spaventarla con la sua irruenza, dopo tutto quello che aveva dovuto affrontare da sola, frenava i suoi slanci.
"Se fossi corsa subito da te, Rashid, forse Alma sarebbe ancora viva.”
“Povera ragazza! – sorpirò il giovane – Credimi, mio bene, facemmo di tutto per salvarla. Io… io… ero convinto che fossi tu al suo posto… Oh, Jasmine!”
“Ho tentato anch’io di salvarla.” disse lei.
“Davvero? E come?”
“Il povero Almos era convinto che fino a quando io non fossi caduta nelle loro mani, Alma non corresse pericolo di morte. Gli consegnai tutti i gioielli che avevo, affinché riuscisse a corrompere qualcuno della setta, ma fu tutto inutile. La povera Dea fu uccisa e il cuore le fu strappato dal petto.”
“Quella scena… - proruppe Rashid, stringendola forte a sé – Non potrò mai dimenticare quell’orrore.”
“Tante ragazze hanno subito quella sorte orribile: Hakam ha sempre ben ricompensato chi gli procura ragazze con il volto della Dea… Neppure il sultano di Doha è riuscito a resistere al suo oro. Quell’essere ignobile mi ha venduta al mio peggior nemico… - una pausa, per far posto all’emozione di ricordi ancora vivi e dolenti come una ferita aperta; Rashid continuava ad accarezzarle il volto e il capo – Sayed Alì, però, non volle consegnarmi subito a quella gente sanguinaria… intorno a me si era creata una leggenda che… che faceva aumentare le sue richieste.”
“Capisco! – il giovane continuava ad accarezzarle con infinita tenerezza – Per la principessa Jasmine non c’era prezzo!”
“Ero prigioniera ed a nessuno era permesso avvicinarmi. Ricordo un povero marinaio, massacrato perché era riuscito a penetrare nel mio giardino.”
“La stessa sorte sarebbe toccata a me. Ricordi?…”
“Oh, no! – proruppe lei levando il volto in cerca di carezze – Il leone non si fa prendere dalle iene.”
“Non mi presero, infatti.”
“Ma io ero atterrita al pensiero che potessero ucciderti e mai, come in quel momento, maledii la leggenda che si era creata intorno a me.”
“Io, invece, ho sempre benedetto quei giorni ed ora sono l’uomo più felice della terra e non ti lascerò mai. Non devi più avere paura… io sarò sempre al tuo fianco.”
“Allora… potrò tenere questo gioiello? – incalzò lei sollevando su di lui gli occhi in cui vi era un luccichio che pareva quasi di pianto – Non dovrò restituirlo a Selima? Io… non volevo mancarle di rispetto, credimi, Rashid. Lei è la tua Favorita…”
“Oh, Luce degli occhi miei! – proruppe il giovane, totalmente travolto dalle proprie emozioni – Lei non è nulla… solo un balsamo inutile per lenire la pena inconsolabile di averti perduta… solo quello, mio bene… null’altro.”
Mancavano poche ore al tramonto quando Rashid, in compagnia di Jasmine, lasciò il campo. Dovevano raggiungere la cittadina di Haradh e il fabbro Thary Kebasky per prelevare il piccolo Kashi . Il campo distava dalla città una cinquantina di miglia; cavalcando tutto il giorno e riprendendo la pista all’alba, sarebbero arrivati nella cittàdina nella tarda mattinata. Man mano che si allontanavano, il deserto di sabbie cedeva il posto a steppa e sterpaglia ciottolosa.
Cavalcarono fino al tramonto e si prepararono per il bivacco.
Jasmine rifiutò il cibo e bevve solo una tazza di the freddo; Rashid, invece, mangiò carne di capretto arrostita sui carboni accesi, bevve il suo the e preparò una stuoia accanto al fuoco. Dopo aversi steso una coperta, invitò la ragazza a distendersi.
Jasmine ubbidì, senza aprir bocca. Si distese sulla grande stuoia e si tirò la coperta sulle spalle.
Cominciava a far freddo.
La ragazza chiuse gli occhi, ma li riaprì subito cercando di sbirciare in direzione del grande predone che, seduto accanto al fuoco, il fucile per terra sulla sinistra, la jatagan ai piedi e il pugnale nel fodero, vigilava nel buio azzurrognolo. Le fiamme del bivacco proiettavano la sua ombra ingigantita tra ciottoli e magri rovi e la luce tremolante, illuminava il suo bel volto dall’espressione pensosa.
Sentendo lo sguardo di lei su di sé, si girò.
“Non dormi? – le sorrise – Vorrei offrirti un letto più comodo, ma in questo momento non posso offrirti altro.”
“E’ soffice questa stuoia.” Jasmine rispose al sorriso e si sollevò su un gomito; la luna strappava bagliori ai suoi occhi luminosi e argentei riflessi ai suoi capelli nerissimi e lucenti, tali da sembrare bagnati.
“Cerca di riposare. – disse lui; lei fece un cenno affermativo del capo e tornò a stendersi – Saremo ad Haradh in mattinata se ci alzeremo presto.”
Jasmine richiuse gli occhi, ma non dormiva.
“Rashid. – lo chiamò, improvvisamente, rimettendosi a sedere – Io… io non sono una ladra.” proruppe, tuffando lo sguardo smarrito e dolce in quello ardente di lui.
Rashid ebbe un largo sorriso e allungò una mano verso il bellissimo volto di lei proteso in avanti.
“Questo gioiello è mio. - riprese lei, tirando fuori il medaglione che Rashid aveva donato a Selima – L’ho riconosciuto subito, quando lo hai donato a Se lima… la tua Favorita…” aggiunse, in tono di velata gelosia, che non sfuggì al giovane.
Rashid si alzò per andarle più vicino.
“Era nei sotterranei del Tempio dell’Oasi dei Graffiti. – disse, sfiorandole la guancia – Faceva parte del tesoro di Hakam, il Gran Sacerdote del Tempio.”
“Questo gioiello apparteneva a mia madre. – spiegò lei – E’ uno dei pochi che sono riuscita a sottrarre alla cupidigia dei Bakr, durante il loro attacco. “ precisò.
“Come sarà finito nei sotterranei del Tempio di quella maledetta oasi?” domandò il giovane.
“Sono stata io stessa a regalarlo ad un soldato della mia scorta, quando ero a Doha. Si chiamava Almos e…”
“Almos?”
“Lo conosci, forse?” domandò Jasmine, in tono sorpreso.
“Può darsi! Non so ancora se parliamo della stessa persona.”
“Almos é il padre di Kashi e di Alma, la ragazza che tu hai visto sacrificare nei sotterranei del Tempio.”
“Misericordia di Allah! - esclamò il grande predone - Parliamo proprio della stessa persona. Almos è l'uomo che doveva rapirti e consegnarti nelle mani di Hakam, ma che ti ha messo in salvo facendoti fuggire e procurandoti abiti adatti."
"Ma... ma tu, come fai a sapere queste cose?" domandò Jasmine.
"Perché abbiamo tentato di portarti via da Doha, io e i miei amici e... - Rashid raccontò gli ultimi avvenimenti in ogni particolare - Adesso la povera piccola Alma potrà riposare accanto alle spoglie del padre, a cui andrà sempre la mia gratitudine. - concluse - Mi dolgo soltanto di non essere arrivato in tempo per salvarla dal pugnale di quel pazzo sanguinario."
“Alma aveva il mio stesso volto e il volto di colei che l’aveva preceduta… il volto di Manat, la Dea-Vivente. – la voce della principessa tremò e Rashid le passò un braccio intorno alle spalle, in un gesto protettivo – Chi possiede questo volto è votata alla morte.” sussurrò.
“Non più, adesso, mio bene! Non più! Io ho distrutto quel covo di belve sanguinarie.”
Lei scosse il capo.
“Hakam è sfuggito alla morte e la setta si è già ricomposta. – disse – Sarei già nelle loro mani se non fossi ricorsa al travestimento da pastore e non mi fossi unita alla tua gente.”
“Oh! - sorrise lui – Sei stata molto coraggiosa… Quel pastorello… Amud! Oh! Sentivo un’attrazione irresistibile verso quel pastorello… quel profumo, quando venne a distendersi accanto a me, nella notte. Ricordi?… Se solo avessi immaginato… Chiesi di lui, il mattino dopo, quando mi svegliai e non lo trovai più sotto la mia tenda… Così solo e scontroso… provavo assai più che pena per lui… Se solo avessi immaginato – ripeté l’uomo più temuto del deserto – quanto solo e perseguitato fosse il piccolo Amud… Se solo avessi immaginato chi era davvero il piccolo Amud… ma adesso nessuno più oserà farti del male, amore mio. Io sarò sempre vicino a te per proteggerti. Ora non sei più sola e perseguitata… ora sei sotto la protezione del Rais dei Kinda… che tutti temono, qui, nel deserto.” aggiunse con un sorriso schivo.
“Temevo anch’io il rais dei Kinda. – anche Jasmine sorrise e posò il capo alla spalla di lui che tremò d’emozione al lieve contatto.
L’impulso di stringerla forte a sé era quasi incontrollabile, ma il timore di spaventarla con la sua irruenza, dopo tutto quello che aveva dovuto affrontare da sola, frenava i suoi slanci.
"Se fossi corsa subito da te, Rashid, forse Alma sarebbe ancora viva.”
“Povera ragazza! – sorpirò il giovane – Credimi, mio bene, facemmo di tutto per salvarla. Io… io… ero convinto che fossi tu al suo posto… Oh, Jasmine!”
“Ho tentato anch’io di salvarla.” disse lei.
“Davvero? E come?”
“Il povero Almos era convinto che fino a quando io non fossi caduta nelle loro mani, Alma non corresse pericolo di morte. Gli consegnai tutti i gioielli che avevo, affinché riuscisse a corrompere qualcuno della setta, ma fu tutto inutile. La povera Dea fu uccisa e il cuore le fu strappato dal petto.”
“Quella scena… - proruppe Rashid, stringendola forte a sé – Non potrò mai dimenticare quell’orrore.”
“Tante ragazze hanno subito quella sorte orribile: Hakam ha sempre ben ricompensato chi gli procura ragazze con il volto della Dea… Neppure il sultano di Doha è riuscito a resistere al suo oro. Quell’essere ignobile mi ha venduta al mio peggior nemico… - una pausa, per far posto all’emozione di ricordi ancora vivi e dolenti come una ferita aperta; Rashid continuava ad accarezzarle il volto e il capo – Sayed Alì, però, non volle consegnarmi subito a quella gente sanguinaria… intorno a me si era creata una leggenda che… che faceva aumentare le sue richieste.”
“Capisco! – il giovane continuava ad accarezzarle con infinita tenerezza – Per la principessa Jasmine non c’era prezzo!”
“Ero prigioniera ed a nessuno era permesso avvicinarmi. Ricordo un povero marinaio, massacrato perché era riuscito a penetrare nel mio giardino.”
“La stessa sorte sarebbe toccata a me. Ricordi?…”
“Oh, no! – proruppe lei levando il volto in cerca di carezze – Il leone non si fa prendere dalle iene.”
“Non mi presero, infatti.”
“Ma io ero atterrita al pensiero che potessero ucciderti e mai, come in quel momento, maledii la leggenda che si era creata intorno a me.”
“Io, invece, ho sempre benedetto quei giorni ed ora sono l’uomo più felice della terra e non ti lascerò mai. Non devi più avere paura… io sarò sempre al tuo fianco.”
“Allora… potrò tenere questo gioiello? – incalzò lei sollevando su di lui gli occhi in cui vi era un luccichio che pareva quasi di pianto – Non dovrò restituirlo a Selima? Io… non volevo mancarle di rispetto, credimi, Rashid. Lei è la tua Favorita…”
“Oh, Luce degli occhi miei! – proruppe il giovane, totalmente travolto dalle proprie emozioni – Lei non è nulla… solo un balsamo inutile per lenire la pena inconsolabile di averti perduta… solo quello, mio bene… null’altro.”